CATANIA – Giovanni Comis si sarebbe vantato di avere una delle case discografiche più avanzate a livello tecnologico d’Italia. Avrebbe meritato la medaglia d’argento in termini olimpionici. A raccontare il “vanto” del boss di Picanello, arrestato oggi nell’operazione dei carabinieri per una serie di reati finanziari, è Antonio D’arrigo – alias Gennarino – in un verbale del 27 aprile 2018. “In via Caduti del Lavoro, di fronte al tabacchi, c’è una casa discografica che appartiene a Giovanni Comis, e che viene gestita da sua moglie con il figlio Massimo che ha la passione per il canto. So che il Comis ha speso almeno 300mila euro di macchinari per l’incisione di dischi. Ne sono a conoscenza perché lo diceva sempre lo stesso Comis, vantandosi che era la seconda casa discografica in Italia con questi macchinari. Comis diceva che aveva fatto questo investimento in favore del figlio Massimo”.
Un’etichetta specializzata soprattutto nella produzione neomelodica, tra i suoi artisti il famoso Gianni Vezzosi. Evidenziando che nessuno dei cantanti è indagato.
La società “Q Factor Records s.a.s.”, costituita il 2 dicembre 2015, è stata sequestrata. Per i pm Rocco Liguori e Lina Trovato, titolari dell’inchiesta, non ci sarebbero dubbi sul fatto che la casa discografica è riconducibile al boss Giovanni Comis, già condannato per mafia nel processo Orfeo. Ne è convinto al gip Stefano Montoneri che ha emesso il provvedimento preventivo.
Nella proprietà di questa società c’è il nome di un imprenditore che avrebbe fatto anche da “cassaforte” del capomafia. Mentre il socio accomandatario è Massimiliano Comis, figlio del boss, socio accomodante è Andrea Consoli, che tra le varie accuse ha quella di riciclaggio.
I carabinieri piazzano le microspie nella Maserati di Consoli. E le intercettazioni hanno portato a comprendere che Consoli avrebbe ricevuto 500 mila euro che avrebbe “custodito” tra i suoi conti personali e imprese in modo da mascherare gli affari ed evitare sequestri. Ma sono state le intercettazioni a far cadere ogni schermo.
Il gip Stefano Montoneri è molto preciso: “Gestiva centinaia di migliaia di euro che Comis gli avrebbe affidato in quanto la condizione economica di Consoli, derivante anche dai ricavi della “Co. e Co. ferramenta e prodotti siderurgici s.r.l.”, di cui risultava amministratore unico, gli consentiva di ottenere una confusione patrimoniale che non avrebbe permesso di identificare la parte accumulata illecitamente dal boss”. E non è finita: “La famiglia di Comis, in particolare la moglie avrebbe beneficiato di questa disponibilità di Consoli come uno sportello automatico di banca”. Soprattutto durante le detenzioni in carcere. “Siccome allora io a Giovanni… io gli ho detto: “Se a te ti arrestano”, gli ho detto, “vedi che solo ad una condizione te li do questi cosi, solo se viene tua moglie! Se vengono i tuoi figli i ssicutu ah! Chi viene viene i ssicutu a tutti!”
Ci sarebbe stata una persona che avrebbe parlato troppo. Carlo Concorso, indagato nel blitz di oggi, avrebbe rivelato a Enzo Sapia (noto boss di Cosa nostra) che Consoli custodiva soldi di Comis. Il produttore discografico si sfoga con il figlio. “…) gliel’ho detto a sua moglie (…) che quel pezzo di merda di Carlo (…) quella cosa che io avevo era un segreto (…) e lui lo sapeva (…) lui l’ha saputo perché lo hanno mandato là sopra per prendersi sti soldi! Questo pezzo di merda… prende ed è andato a raccontarglielo! Perciò Enzo mi ha rimproverato!”
Nascono rancori. E non solo la “reputazione” di Consoli è minata. Ma tutto questo genera un vortice di conversazioni che blindano i sospetti degli inquirenti. L’imprenditore parlando svela anche i metodi di occultamento dei soldi. “Signora! Io che ho i suoi… e potrei avere pure i miei, che sono stupido che mi metto… ma lei lo capisce l’italiano?”. E rivela anche l’ammontare: 500 mila euro. Campagna: “…cinquanta?”. Consoli: “..sì cinquanta…”. Campagna: “…di più?” Consoli: “…aggiungici gli zeri”. Campagna: “…cinquecento!”
Ma non basta. Gli investigatori ascoltavano le conversazioni decidono di eseguire una perquisizione. Il 6 febbraio 2017 una pattuglia dei carabinieri lo fermano: Consoli sta uscendo dalla Q Factor Record e si trova in via Grasso Finocchiaro, angolo via Caduti del Lavoro. I militari lo trovano in possesso di 34.000 euro suddivisa in tre mazzette da 10.000 e una da 4.000. È trascorsa una sola settimana dall’arresto di Comis nel blitz Orfeo.