Duecento chilometri. Nel raggio di duecento chilometri, in Sicilia, cambia il diritto. Le norme. Le competenze. Il Tar di Catania ha, di fatto, smentito il Tar di Palermo sul caso dei concorsi bloccati alla Sanità. “Non tocca a noi giudicare”, sembrano dire in una sentenza che sovverte quanto detto, poche ore prima, dai “colleghi” del capoluogo. Il tema è quello della mobilità. Il Tar di Palermo, infatti, il 20 aprile aveva sospeso concorsi per oltre 700 posti di infermieri, fisioterapisti e tecnici radiologi del bacino Sicilia occidentale, perché l’assessorato alla Salute aveva scelto la via del “fifty-fifty”. Metà posti per mobilità, metà per concorsi “esterni”. Il Tar aveva bocciato quindi questo principio, affermando la priorità della mobilità rispetto al concorso. Insomma, “prima le persone in esubero, poi, eventualmente, i concorsi”. Così, stop a quelle selezioni. Scatta il ricorso della Regione al Cga. Nel merito, casomai, si entrerà a marzo del 2012.
Ma a Catania cambia qualcosa. Cambia il bacino, che ora è quello orientale. Ma non cambiano i ricorrenti, che sono gli stessi, per gli stessi posti, difesi dallo stesso avvocato, Alberto Barbera. Il Tar in questo caso non entra nel tema della modalità di espletamento del concorso. Non si addentra, insomma, nella questione riguardante la mobilità o le selezioni aperte. Ma, a sorpresa (vista l’ordinanza di qualche ora prima, depositata duecento chilometri più in là), afferma (con una sentenza breve e non un’ordinanza di sospensione) di non possedere la giurisdizione per trattare il caso. I casi, in realtà, perché i ricorsi sono diversi, identici, come detto, a quelli palermitani e riguardano, anche in questo caso, più di settecento persone. Si tratta di 34 posti per fisioterapista (19 per concorso, 15 per mobilità,) di 624 posti di infermiere (315 per concorso, 319 per mobilità), 79 posti per tecnico radiologo (41 per concorso, 38 per mobilità).
Per il Tribunale catanese, la gestione dei concorsi, e quindi l’organizzazione degli uffici dell’assessorato attiene all’ambito privatistico. Il giudice preposto, quindi, sarebbe quello ordinario e non quello amministrativo. “I provvedimenti di indizione del concorso – scrivono infatti i giudici nella sentenza – costituiscono per l’appunto determinazioni relative all’organizzazione degli uffici e/o misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, sicché la giurisdizione sugli stessi in relazione al petitum sostanziale della controversia in esame, compete al giudice ordinario”.
Cosa succederà adesso? Quasi certamente ci saranno due ricorsi “incrociati” al Cga. Le prime udienze sono fissati per la fine di maggio e i primi di giugno. La Regione ricorrerà contro la sentenza del Tar Palermo (ricorso già annunciato) e i ricorrenti a Catania (che saranno le persone che dovranno “difendersi” dal ricorso di Palermo) contro la sentenza del Tar etneo. Insomma, gli attaccanti diventeranno difensori, e viceversa. Così, la linea del diritto taglia in due la Sicilia. Di qua, concorsi fermi. Di là, si va avanti. Di là, a Catania, il giudice “giusto” è quello ordinario. Di qua, a Palermo, no.