Sanità: bandi sartoriali, delibere autoprodotte e note scomparse

Sanità: bandi sartoriali, delibere autoprodotte e note scomparse

I capitoli catanesi affrontati dall'Antimafia regionale. Dall'inchiesta Morgia al caso Humanitas.

CATANIA – Una sanità che non guarda alla cura. Ma alle tasche (di pochi). Un sistema malato da “appetiti, furbizie, ingordigie, scorciatoie” che vale dieci miliardi di euro è quello fotografato dalla Commissione regionale antimafia presieduta da Claudio Fava. Uno scatto che tocca anche a Catania. Per molti (troppi) aspetti. Da appalti viziati “scoperchiati” dalle inchieste della magistratura etnea al caso del polo oncologico Humanitas.

I retroscena del legame politica e sanità

Nella trama, purtroppo, resta l’indissolubile legame tra politica e sanità. Un rapporto che alimenterebbe il terzo fattore, così definito dalla commissione: la produzione del consenso. In questa “produzione” la gestione di “nomine e carriere” ha un suo peso. Nel 2009 c’era stato un tentativo di sottrarre le nomine della sanità “a un turn over dettato solo da pratiche clientelari e fedeltà elettorali”. Ci aveva provato Massimo Russo, assessore alla sanità del governo del catanese Raffaele Lombardo. Tutto fu messo nero su bianco, ma quello che la storia ci rimanda è un’altra sceneggiatura.

Il cognome oltraggiato

In questi ultimi vent’anni c’è un elemento ricorrente nella narrazione “la privatizzazione della gestione della sanità siciliana, declinata secondo interessi e convenienze non sempre legittime”. E forse qui entra in gioco il governo Crocetta e il suo “cerchio magico”: “un ristretto gruppo di consiglieri (del presidente” che avrebbe avuto un ruolo determinante nel logorante processo di isolamento riservato alla dottoressa Lucia Borsellino, assessore alla Salute dall’ottobre 2012 al luglio 2015”. L’Antimafia è lapidaria: “La stagione di governo che ha visto Lucia Borsellino alla guida della sanità regionale ed un nutrito nugolo di malversatori e presunti “consigliori” agitarsi alle sue spalle è una delle pagine meno degne di questi anni. Anche per l’oltraggio che quel cognome, così importante per la Sicilia, ha ricevuto impunemente da taluni personaggi”. Si tornerà a parlare della Borsellino per il caso Humanitas. Ma seguiamo l’ordine delle 133 pagine della relazione approvata ieri all’unanimità.

Catania e l’appalto al Policlinico

Catania ha fatto da apripista per comprendere quanto poi sarebbe esploso con l’inchiesta “Sorella Sanità” di Palermo, con l’arresto del manager Antonio Candela e company. “Uno degli episodi che hanno permesso all’opinione pubblica di acquisire definitiva consapevolezza sulla diffusione del fenomeno corruttivo risale al febbraio 2019. Il casus belli è la vicenda del primario di urologia del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, il professore Giuseppe Morgia, indicato dalla Procura etnea come la mente di un sofisticato meccanismo corruttivo che puntava a condizionare le sorti di un maxi appalto per la fornitura di prodotti medicali del valore di 55 milioni di euro”. La commissione, prendendo in prestito le parole degli inquirenti, parla di bando “sartoriale”.  Quello che ha suscitato indignazione “è il senso di impunità ostentato dal primario, come emerge dalla lettura delle intercettazioni”. La vicenda giudiziaria è ancora in itinere. Nella relazione si cita un articolo del 2020 dove si andrebbe verso i patteggiamenti, ma LiveSicilia lo scorso settembre ha puntualmente evidenziato che il gip Luca Lorenzetti non la accolto i patteggiamenti. Ed infatti ci sarà la fissazione di una nuova udienza preliminare. 

I rivoli del blitz Sorella Sanità

Anche dai rivoli di Sorella Sanità il vento della corruzione arriva anche a Catania. Tra gli imputati  – poi condannati in primo grado – c’è Salvatore Navarra, ex presidente del consiglio d’amministrazione della Pfe che espleta diversi servizi anche nei nosocomi catanesi. 

Il caso Humanitas

Questa fin qui il capitolo sanità pubblica. Poi c’è il rapporto tra la Regione e i colossi della sanità privata. Di questo legame uno dei simboli è il “caso Humanitas”. Nella relazione si parla di un “giallo” che la Commissione attraverso l’acquisizione di atti documentali inediti avrebbe in qualche aspetto chiarito. La vicenda è collegata alla vicenda dell’accordo in cui la Regione s’impegnava a convertire 70 posti letto da libero-professionale a pubblici-convenzionati. L’accordo arrivò nel 2013. Ma i commissari hanno preferito cominciare il racconto dall’ultimo capitolo. Ovvero dalla notifica nel maggio 2020 al centro Humanitas di un procedimento di annullamento di autotutela del decreto con cui si autorizzavano posti letto in neurochirurgia e ortopedia. Dietro a questa “marcia indietro” l’intervento di alcune realtà della sanità privata catanese che chiedevano questo “ritiro in autotutela”. Tutto alla fine è stato affidato alle mani dell’avvocatura ed è stata avviata la procedura di revoca. Al momento della pubblicazione della relazione la vicenda era in itinere, ma su La Sicilia è stato annunciato che la Regione sta per notificare la notizia della validità dell’accordo.

Il salto temporale torna al 2012, quando ci sarebbero state le prime interlocuzioni con il governo Lombardo. Ma il momento decisivo è la delibera della Giunta Crocetta “con cui si dà il via libera al progetto dell’Humanitas”. Si scatena la bufera politica dopo l’uscita di Giampiero D’Alia. La Regione fa un passo indietro e annulla tutto, ma l’Humanitas vince al Tar. E Crocetta non ricorre al Cga. 

La delibera autoprodotte

In questa saga c’è un interrogativo che non trova risposta: chi ha scritto la delibera Humanitas? “Insomma, una delibera che s’è autoprodotta, con tanto di atti propedeutici, fino ad arrivare nella sua completezza sul tavolo della giunta Crocetta che la vota, dando il via libera all’ambizioso (e oneroso, per le casse della sanità regionale) progetto di espansione dell’Humanitas.

La nota riservata di Lucia

Resta un’ultima tessera – scrive la Commissione –  che emerge nel corso delle nostre audizioni: una “nota riservata” dell’assessore Borsellino, indirizzata a Crocetta, in cui si definisce «non congruo» l’accordo Regione-Humanitas. La nota ha un numero di protocollo in uscita dall’assessorato, ma non risulta essere arrivata in Presidenza”. A portarla sul tavolo dell’Antimafia è l’assessore Ruggero Razza. 

Una “circostanza, alquanto incresciosa, per le modalità formali e sostanziali con cui si è determinata“, scrive Lucia Borsellino a Rosario Crocetta. Le valutazioni della Commissione sono molto forti, che alimentano il sospetto anche di bugie durante le audizioni. “Un iter viziato dalla «inusuale presentazione dell’atto», secondo la nota dell’ex assessore che contraddice le ricostruzioni proposte da alcuni responsabili di quel procedimento, fino a ipotizzare che almeno due di loro abbiano riferito circostanze non veritiere nelle audizioni davanti a questa Commissione”. 

L’affaire dialisi

Catania è anche nel capitolo sul capitolo del business della Dialisi: “il caso più emblematico è quello scoperto nell’ottobre 2016 dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e dal locale Comando Provinciale della Guardia di Finanza con l’inchiesta “Bloody Money”: il “dirottamento” di pazienti dializzati dalle strutture pubbliche a quelle private. Il tutto – secondo l’impianto accusatorio – attraverso l’azione di medici compiacenti, generata da pratiche corruttive” . 

Il covid

Poi si arriva al Covid, all’estrema attualità. Nel sistema sono stati iniettati gli anticorpi della corruzione? Queste domande sono state girate anche ai manager della sanità pubblica catanese. “Alla lettura di tutte le relazioni dei responsabili della prevenzione corruzione e trasparenza – scrive la Commissione – è possibile individuare due criticità in particolare: la frequente assenza di un supporto adeguato e la concentrazione di altri incarichi in capo al medesimo soggetto”. Ma sul tema covid la commissione evidenzia “il deficit di organico”.

“Il lavoro dei medici non può essere offeso”

Su questa linea  la Commissione dedica le parole conclusive al “lavoro faticoso, determinato, prezioso che migliaia tra medici e operatori sanitari garantiscono ogni giorno negli ospedali siciliani.” Lavoro “che non può essere offeso dal comportamento irridente e opportunista di pochi loro colleghi o dall’ansia di clientele alimentata da una consuetudine politica dura a morire”.


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