PALERMO – Palermo, interno giorno. Dentro a un noto bar vicino al Tribunale, Davide Faraone e Raffaele Lombardo fanno quattro chiacchiere.
Una delle numerosissime interlocuzioni che i vari leader siciliani stanno svolgendo in queste ore calde in cui si deve definire lo schema di gioco della partita palermitana ma con lo sguardo rivolto a Palazzo d’Orleans e alle politiche del 2023. E allora si cerca la quadra o si ipotizzano, tra un caffè e l’altro, scenari inediti e nuove alchimie.
L’incontro tra il senatore renziano e il leader autonomista non poteva dunque passare inosservato. Soprattutto nel giorno in cui il candidato sindaco Faraone lancia una delle due liste che lo sosterranno nella corsa a Palazzo delle Aquile.
“Riformisti e popolari”, un nome che è già tutto un programma. Con tanto di passaggio all’interno del comunicato stampa ufficiale che lascia poco (o molto) spazio alla fantasia: “la lista accoglierà tutte le anime del riformismo liberale, popolare, socialista ed autonomista che stanno lavorando insieme ad un grande progetto per Palermo”.
E nella galassia delle sigle citate salta all’occhio appunto la parola “autonomista”. E se Faraone non fa istero di puntare a un grande laboratorio che parte da Palermo ma guarda ai prossimi appuntamenti elettorali (come ha detto a Live Sicilia), la posizione di Lombardo è tutta da decifrare. Complici gli intramontabili Ray Ban neri indossati anche stamattina. Battute a parte, il tema per gli autonomisti è parecchio delicato.
E investe in primo luogo l’alleanza di ferro (che qualcuno sostiene precaria in questa fase) con” Prima L’Italia” soprattutto se alla fine del Risiko delle candidature dovesse saltare la candidatura di Minardo (trait d’union con la galassia autonomista) alla Presidenza in cambio del candidato sindaco. Congetture che pure circolano con insistenza in queste ore nei palazzi palermitani.
E in vista delle regionali l’approdo a una lista centrista potrebbe fare la differenza. Soprattutto a certe latitudini (ai piedi dell’Etna per esempio). Insomma, il grande centro torna alla ribalta (prova ne è il plauso dei mastelliani all’iniziativa di Faraone) e potrebbe rivelarsi una scialuppa di salvataggio per superare la soglia di sbarramento (soprattutto alle regionali). L’unico dato certo nel marasma del centrodestra siciliano è che è regna il caos. Almeno su questo tutti gli attori in campo sono concordi.