PALERMO – “Sto facendo brutta figura”, diceva Gaspare Gulotta ad Antonino Agrusa, chirurgo del Policlinico di Palermo. “Brutta figura” con il manager di un importante albergo palermitano che aveva necessità di sottoporsi a un piccolo intervento chirurgico.
Infine fu contatto per fissare l’appuntamento da Pio Sciacca, infermiere del Policlinico a cui i carabinieri del Nas affibbiano il ruolo di “faccendiere” di Gulotta.
Il manager alberghiero non è passato dal Centro unico di prenotazione e non ha pagato il ticket. Convocato dagli investigatori ha spiegato che si presentò nello studio di Gulotta al Policlinico. Lo fece accomodare e seduta stante il professore eseguì l’intervento. Ecco spiegato perché non esiste alcuna documentazione.
Si tratta di uno dei tanti favori della sanità parallela scoperta dai carabinieri del Nas. Un vorticoso giro di raccomandazioni per visite, esami specialistici ed interventi chirurgici. La gente comune chiama il Cup e attende i tempi, spesso troppo lunghi, della sanità palermitana.
Amici e parenti di Gulotta e Sciacca avevano un canale preferenziale e velocissimo. L’ex direttore delle Chirurgie – Gulotta è andato in pensione – citava spesso la parola “fratello” per raccomandare qualcuno.
Dal funzionario dell’Inps al giardiniere, dall’assicuratore all’antiquario, dalla maestra di danza all’onorevole, dai magistrati all’imbianchino: Gulotta si metteva a disposizione di tutti. C’era chi segnalava un amico o un parente e chi aveva un problema di salute personale.
La sanità palermitana si mostrava d’un tratto capace di dare risposte immediate. Si prenotava il pomeriggio e all’indomani si veniva convocati in ospedale per una colonscopia o una gastroscopia, per togliere una cisti o dei nei, per prenotare una Tac o una risonanza magnetica, per una visita fisiatrica o neurologica. A volte trascorrevano una manciata di ore.
La sanità parallela non coinvolge solo i reparti di Chirurgia, un tempo diretti da Gulotta, ma l’intero ospedale universitario o quasi. Ed era abituale lo scambio di favori fra camici. Il punto è che a volte, così emerge dall’inchiesta della Procura di Palermo, a cercare la raccomandazione sono persone che si trovano “costrette” a farlo perché le condizioni di salute impongono velocità di diagnosi e intervento incompatibili con i normali tempi della risposta sanitaria.