PALERMO – C’è un grande vecchio su cui si concentrano le attenzioni a Brancaccio. Nell’elenco delle persone con cui si incontrava Sandro Capizzi, boss di Villagrazia, è inserito un personaggio dal passato ingombrante. Si tratta di Giuseppe Battaglia, 84 anni, citato nelle informative degli investigatori.
È stato uomo di fiducia di Michele Graviano, il padre degli stragisti Giuseppe e Filippo. Il pentito Gaspare Spatuzza, che a Brancaccio era di casa, ne ha ricostruito il profilo criminale. Alcune tappe sono note alle cronache giudiziarie.
Dopo i primi reati – rapine e furti – commessi a partire dagli anni ’70 – per Battaglia giunse l’ora del salto di qualità e dell’imputazione per associazione mafiosa al maxiprocesso. Non era più, almeno non solo, l’anonimo titolare di una torrefazione in piazza Scaffa. Quando nel 1997 andarono a bussare alla porta della sua abitazione per arrestarlo si era dato alla latitanza.
Lo scovarono sette anni dopo, nel 2002, in un appartamento del rione Cep. Nella lista dei fuggiaschi era al ventinovesimo posto. Gli agenti della squadra mobile lo scovarono seguendo la nuora che gli portava cibo e vestiti.
Gli piovve addosso anche l’accusa di avere assassinato Francesco Adelfio, che di mestiere faceva il pescivendolo. Era gli anni Ottanta e a Palermo si poteva morire ammazzati anche solo, così disse il pentito Giovanni Drago, perché si manifestava in pubblico la contentezza per l’arresto dello zio di un mafioso della famiglia Lucchese.
Dopo l’ergastolo in primo grado Battaglia fu assolto in appello. In mezzo ci fu anche la ritrattazione del figlio, Fedele, che prima fece delle confessioni e poi disse che erano frutto della sua fantasia.
Nel 2010 Giuseppe Battaglia ha finito di scontare la pena. Oggi ricompare sulla scena mentre si incontra con Sandro Capizzi. Incontri su cui sono in corso degli approfondimenti in un momento storico in cui, come è emerso in altri casi, le nuove leve sembrano avere nostalgia del passato, dei fasti di una Cosa Nostra fiaccata dagli arresti.