Se Roberto Lagalla fosse il politico accorto che, indubbiamente, è, adesso farebbe una prima e verosimile mossa: cercherebbe di togliersi di dosso l’ombra politicamente molesta, loro malgrado, di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri. Cosa che starebbe già avvenendo, secondo le immancabili, voci di corridoio. E’ vero che Totò Cuffaro assessori non ne ha mai ufficialmente chiesti per la sua Dc Nuova, ma non deve essere stata una bella notizia apprendere – come si mormora sia accaduto – che il sindaco Lagalla è d’accordissimo con lui. E che non sembra intenzionato a nominare assessori neanche in vago odore di cuffarismo. Sono appunto indiscrezioni che trapelano e che potrebbero condurre, per i giochini di palazzo, a esiti differenti. Tuttavia, se uno ci pensa bene, siamo davanti a una trama verosimile.
Veniamo da una campagna elettorale avvelenata, dopo una premessa corretta. Era sacrosanto, come hanno ricordato i parenti delle vittime, sottolineare con la matita blu la presenza, in forma diversa, di due condannati, diversamente, per mafia, nel perimetro del centrodestra che ha stravinto le elezioni a Palermo. Non per negare a Cuffaro e Dell’Utri l’incoercibile diritto di ritorno alla vita dopo l’espiazione, ma per puntellare un discorso di morale pubblica e di opportunità.
Però, quel principio è diventato, spesso, un’arma faziosa per colpire l’avversario e fargli del male. Ora, l’ex rettore e primo cittadino vorrà senz’altro evitare che il tema possa riproporsi in chiave polemica ai danni della sua amministrazione. Ecco perché sarebbe orientato a non concedere quello che non era stato chiesto, ma, forse, sottinteso.
I gesti simbolici, come la visita al monumento per i caduti, corrisponderanno a moti del cuore e dell’intelletto, ma, insieme, hanno le sembianze di un discorso politico, quasi un esorcismo contro sospetti e anticamere a vario titolo. Un cinnè ombre. Queste sembrano essere l’accorata declamazione e la dichiarazione d’intenti di Roberto Lagalla da Palazzo delle Aquile. (Roberto Puglisi)