PALERMO – Il suo rapporto con i poliziotti era limitato al fatto che Massimiliano Mandragona fosse una loro fonte confidenziale. Così il collaboratore di giustizia ha raccontato ai magistrati della Dda di Catania a luglio dell’anno scorso.
Quando ha capito che il suo percorso di collaborazione scricchiolava ha cambiato registro. “A seguito di attenta riflessione”, si è affettato a spiegare.
Le sue dichiarazioni fanno parte dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di tre poliziotti in servizio alla squadra mobile di Siracusa. Hanno riscontrato quelle di un altro collaboratore, Francesco Capodieci, ex leader del clan di trafficanti del “Bronx”. Secondo la ricostruzione dei loro stessi colleghi e dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, i poliziotti avrebbero avuto un ruolo chiave nell’affare degli stupefacenti. Sarebbero stati loro a consegnare la droga agli spacciatori.
Mandragona ha ricostruito la sua paura (“Non ho mai dichiarato queste cose perché ho avuto un grande timore per la mia incolumità”), anche perché a gestire la sua collaborazione erano Rosario Salemi e Giuseppe Iacono, i due poliziotti arrestati: “Erano sempre presenti alla redazione di tutti i verbali illustrativi e per me era impossibile rendere dichiarazioni accusatorie nei loro confronti”.
Tutti “avevano un certo timore” e “se decidevano di indagare su di te qualcosa avrebbero trovato”. E così siglarono il patto sporco: “Per ogni soggetto che io segnalavo per l’arresto loro mi riportavano lo stupefacente da rivendere e il guadagno era da dividere in tre parti”.
Un accordo che sarebbe andato avanti per anni: le consegne della droga, sottratta dall’ufficio corpi di reato dopo i sequestri, e la successive vendite sono state “nell’ordine di centinaia di episodi”. Il denaro che Mandragona ha consegnato ai poliziotti è stato “tale da non poterlo quantificare”.