“In fin dei conti la mafia ha i nostri stessi occhi”. È l’amara constatazione di Nicola Clemenza, imprenditore di Salaparuta che ha subìto ripetute ritorsioni da parte Cosa Nostra trapanese.
“La mia non è una semplice storia di pizzo, credo che il problema fosse nel consorzio di imprese che stavo cercando di costituire: un nuovo metodo legale di fare impresa che i mafiosi non potevano tollerare” ha detto Clemenza, intervenuto al festival della Legalità a Marinella di Selinunte. Il dibattito del terzo giorno del festival, moderato dal giornalista Giuseppe Pipitone, è stato infatti dedicato alla lotta al racket. “Qualcosa si è fatto, ma è ancora troppo poco” ha detto l’avvocato Giuseppe Novara, legale dell’associazione antiracket di Trapani.
“Il problema – ha proseguito Novara – è che spesso quando un imprenditore denuncia poi viene lasciato solo: perde parte della clientela, e dalle nostre parti è quasi fisiologico, ma anche lo Stato latita. Ad esempio, è il caso di un gruppo imprenditoriale di Alcamo–Castellammare del Golfo, che dopo aver denunciato i propri estortori si trova adesso sull’orlo del fallimento. In questa provincia la parola antiracket viene usata da poco, qualcosa è migliorato nel tempo, ma per fare si che si cambi davvero direzione ci vuole che la gente inizia ad avere un altro tipo d’approccio, ci vuole una società civile”.
E di società civile in provincia di Trapani aveva parlato negli anni scorsi anche il procuratore aggiunto della Dda di Palermo Antonio Ingroia. “A Trapani sembra che la società civile neanche esista” aveva detto il magistrato. “Cercare di far fiorire una società civile a Castelvetrano, la città di Matteo Messina Denaro, è difficile – ha confermato Maria Teresa Nardozza Buccino di Libera Castelvetrano – e ancora oggi siamo troppo pochi a cercare di impegnarci sul fronte antimafia. Se guardo indietro però dico che all’inizio in questa città certi fatti, certi nomi, non si potevano neanche dire. Parlare pubblicamente di antiracket e di antimafia oggi è un grande risultato. L’obiettivo è fare in modo che la gente che oggi partecipa alle manifestazioni da lontano inizi ad avvicinarsi sempre di più, a passare dalla proposta all’impegno. Per fare crescere la società civile bisogna partire dalle basi, dall’inizio della formazione sociale di ognuno di noi”.
E la lotta alla mafia dalle basi da queste parti la fa da anni Francesco Fiordaliso, preside del liceo classico di Castelvetrano. “Ho iniziato a parlare d’antimafia nella mia scuola dai tempi in cui Paolo Borsellino era ancora procuratore a Marsala – ha raccontato Fiordaliso – negli anni abbiamo continuato e le reazioni non si sono fatte attendere. Hanno bruciato il liceo, il giorno prima che ci preparavamo ad accogliere il giudice Carlo Palermo, hanno bruciato la mia automobile dopo alcune mie denunce pubbliche, ma ciò nonostante non dobbiamo fermarci. Anche se in certi casi manca spesso l’aiuto dello Stato, o meglio dei governi che dovrebbero rappresentare lo Stato, dobbiamo partire dalle basi per fare in modo che un giorno tutto cambi: dobbiamo fare in modo di dare segnali positivi per il futuro”. E parlare pubblicamente di antimafia in provincia di Trapani, lo zoccolo duro della mafia, la Gomorra di Cosa Nostra, non può che essere un segnale positivo.
Nel dibattito del terzo giorno del Festival di Marinella di Selinunte i volti e i nomi di chi ribella al pizzo in provincia di Trapani: "Siamo ancora pochi, ma all'inizio in questa città certi fatti, certi nomi, non si potevano neanche dire. Parlare pubblicamente di antiracket e di antimafia oggi è un grande risultato" (nella foto un momento del dibattito).
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