PALERMO – Parlerà ma per difendersi. Vito Roberto Palazzolo fra una ventina di giorni tornerà in Italia, in una località segreta, ma non vuole essere chiamato “pentito”. Ciò a cui punta è la revisione della sua condanna per associazione mafiosa a nove anni, divenuta definitiva nel 2009, che considera “ingiusta” e frutto della persecuzione nei suoi confronti da parte della magistratura. Per difendersi dovrà parlare della sua attività di finanziere internazionale e le sue rivelazioni potrebbero aprire scenari inediti nelle storie di riciclaggio degli ultimi 30 anni. Secondo fonti qualificate, l’uomo originario di Cinisi, nel Palermitano, avrebbe già fatto alcuni nomi ai magistrati Antonio Ingroia e Gaetano Paci che l’hanno interrogato in Thailandia e deposto di fronte alla “Criminal Court” di Bangkok per ottenere la sua estradizione. Il finanziere sarebbe così disposto a spiegare i meccanismi del riciclaggio internazionale.
Per la sua vicenda, Palazzolo ha presentato ricorso alla Corte di giustizia europea e, nel dicembre 2010 ha avuto accolta l’istanza di revisione del processo da parte della corte d’appello di Caltanissetta. La tesi difensiva è che Palazzolo non poteva essere giudicato due volte per lo stesso reato, dopo l’assoluzione ottenuta nel 1992.
Palazzolo è ritenuto dagli inquirenti il tesoriere della mafia, cervello finanziario del boss Gaetano Badalamenti, e, negli anni a seguire, in affari con Totò Riina e Bernardo Provenzano. Risultato dalle indagini in contatto anche con il senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri (gli avrebbe chiesto una mano per la sua situazione giudiziaria), il geometra Pino Lipari e il medico-boss, Nino Cinà, Palazzolo ha sempre negato di aver gestito gli affari dei “corleonesi” da cui ha preso le distanze definendoli i “più grandi criminali d’Italia” ben distanti da boss del calibro di Pippo Calò e Stefano Bontate.
Sulle spalle di Palazzolo c’è una condanna in Svizzera per riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico, risalente al 1992: da quel momento si è trasferito in SudAfrica, dove avrebbe fatto affari in diamanti, acqua minerale e allevamento di struzzi. Arrestato lo scorso marzo in Thailandia, la sua estradizione è stata frutto di una sorta di “trattativa” con i magistrati palermitani per essere riportato in Italia.