PALERMO – Niente da fare. Alcune lettere di Giuseppe Graviano, in entrata e in uscita, restano bloccate. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso del boss di Brancaccio, confermando la decisione del Tribunale di sorveglianza di Perugia.
Il boss stragista del rione Brancaccio di Palermo è detenuto nel carcere di Terni. Da decenni si trova al 41 bis. Le sue lettere vengono sottoposte a controllo così come previsto dal regime del carcere duro (chi sono i 236 boss siciliani al carcere duro NOMI).
Alcune missive inviate ai familiari sono state bloccate “essendo presenti frasi ambigue e prive di attinenza rispetto alla restante parte del testo”. Altre in entrata avevano “riferimenti a terze persone” e “la documentazione allegata appariva di dubbia finalità“.
I supremi giudici scrivono che “non è necessario dimostrare che la missiva trasmessa ordini la commissione di reati o contenga espliciti messaggi rivolti ad altri partecipi della organizzazione, ma è sufficiente che elementi concreti facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura e temere che il detenuto abbia voluto trasmettere
un messaggio” che vili l’esigenza di bloccare la trasmissione di ordini all’esterno.