Ma il Ponte sullo Stretto di Messina è di destra oppure è di sinistra? - Live Sicilia

Ma il Ponte sullo Stretto di Messina è di destra oppure è di sinistra?

Ridurre tutto a polemica politica può andar bene per un'arguta parodia alla Gaber ma non per lo sviluppo

Ma cos’è di destra, cos’è di sinistra?” cantava provocatoriamente Giorgio Gaber. Il bagno nella vasca è di destra, fare la doccia è di sinistra; la minestrina è di destra, il minestrone è di sinistra. Una provocazione, certamente, ma utile per introdurre uno dei tanti paradossi che caratterizzano la politica italiana quando si parla di infrastrutture. Per il trasporto urbano, la metropolitana è di destra, il tram è di sinistra, così almeno sembra consolidato.

E il Ponte sullo Stretto di Messina? Di destra, naturalmente! Ne ha fatto la sua bandiera il ministro Salvini, del resto autorevolmente preceduto dal Presidente Berlusconi. E, d’altra parte, negli ultimi decenni non c’è stato alcun segretario di partito di sinistra che, al momento della nomina, non abbia immediatamente fatto una dichiarazione di assoluta contrarietà alla costruzione del Ponte. E se, come avvenuto recentemente in Sicilia, qualche esponente del PD ha fatto una timida apertura è stato subito invitato all’abiura, pena immediata scomunica. Tutto in nome di un ambientalismo prettamente ideologico e dai tratti antiscientifici, nonché lanciando accuse neanche velate di cedimenti alla corruzione, ai poteri mafiosi ed alla distruzione dell’ambiente.

Peccato che non sempre è stato così, anzi. Peccato che la sinistra ha rapidamente dimenticato le lezioni di alcuni padri storici. Basta ricordare due nomi, Jacques Delors, socialista francese, tra gli artefici del Trattato di Maastricht nel 1992, ma anche Romano Prodi, Presidente del Consiglio, ma anche Presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004.

Nel Piano delle politiche europee per la crescita, la competitività e l’occupazione, fu Delors ad indicare le Reti di Connessione tra gli assi prioritari di intervento, immaginando collegamenti ferroviari ad alta velocità che innervassero l’Europa. Nacque così il primo programma TEN-T Transportation con grandi Corridoi da est ad ovest, ma anche da nord a sud, incluso il Corridoio Berlino Palermo che naturalmente doveva comprendere il Ponte sullo Stretto. La grande visione di Delors e degli altri fondatori dell’Unione Europea con il Trattato di Maastricht metteva insieme le connessioni trasportistiche ed i fondi di sviluppo e coesione per favorire una crescita armonica del Continente ed in superamento dei gap tra le diverse Regioni.

Negli anni successivi furono i Governi Ciampi e Prodi che tra il 1993 ed il 1998 (con il breve intervallo del Governo Berlusconi nel 1994) tracciarono le politiche italiane nell’ambito del TEN-T: in particolare fu Prodi a sottomettere nel 1996 il progetto del Ponte sospeso a campata unica al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e avviò le gare internazionali per gli studi di fattibilità tecnica, economica, trasportistica ed ambientale. E da Presidente della Commissione europea nel 2003, fu sempre Prodi a confermare il Ponte tra le 18 opere prioritarie per l’Unione Europea. Questi sono fatti. Fatti cancellati dalla retorica di destra che ha voluto assumersi la paternità della costruzione di un’opera certamente simbolica, ma con la connivenza della sinistra che ha rinnegato le scelte dei suoi padri. Solo il Governo Renzi tra il 2014 ed il 2016 ha rappresentato una virtuosa eccezione in questo contesto.

Il Ponte sullo Stretto di Messina non è di destra, né di sinistra. È un’opera di straordinaria rilevanza per il futuro economico e sociale della Sicilia e della Calabria. Può permettere alla Sicilia di diventare un hub strategico al centro del Mediterraneo, una gigantesca piattaforma logistica che collega il Sud e l’Oriente del Mondo all’Europa. Può diventare attrattore di turismo internazionale e favorire scambi e commerci. Può anche servire per ridurre od eliminare quella condizione di insularità, quel sentirsi diversi in quanto isola, che tante volte, a mio avviso, ha costituito un limite più che un pregio per la Sicilia e i siciliani. Ridurre tutto a polemica politica, a sterile contrapposizione tra posizioni non basate su ragionamenti ed argomentazioni tecnico-economiche, ma esclusivamente di bandiera, in una logica da derby, può andar bene per una arguta parodia di cui Gaber era maestro, ma certamente non per la crescita e lo sviluppo di un grande Paese europeo.

*L’autore è componente dell’esecutivo siciliano di Italia Viva


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