Il manifesto del boss ucciso: "È pieno di yacht e noi siamo zingari" - Live Sicilia

Il manifesto del boss ucciso: “È pieno di yacht e noi siamo zingari”

Giancarlo Romano
La mafia stracciona e la nostalgia del passato

PALERMO – Studiava da grande boss e guardava con nostalgia ai padrini del passato. È morto ammazzato in un delitto che affonda le radici nella melma e nel degrado che, a parole, denigrava ma che nei fatti ha alimentato giorno dopo giorno.

Il boss e la mafia stracciona

Giancarlo Romano, 39 anni, è stato assassinato a colpi di pistola lunedì scorso, in via XXVII Maggio, allo Sperone. Un regolamento di conti per la gestione delle scommesse clandestine nel contesto di una mafia stracciona. Delinquenti di borgata hanno fatto strada. I malacarne hanno indossato i gradi. Romano constatava con rammarico che “a Palermo siamo a terra, siamo in ginocchio, siamo gli ultimi, siamo zingari”.

Aveva a che fare con gente che ancora “discute per una panetta di fumo”, che “rischia 30 anni di carcere per 10 mila euro“, mentre altri facevano soldi a palate. Provava invidia “quando vedo che è pieno di yacht e persone che salgono e scendono da questi yacht, il business è lì, non qua, se tu parli con quelli che fanno business ti ridono in faccia… c’è chi fa gli affari seri, muove 300 milioni e rischia 3 anni”.

Manifesto mafioso

Romano parlava a ruota libera, affidando inconsapevolmente il suo manifesto mafioso alle microspie. Se non fosse stato ucciso anche il boss emergente sarebbe stato arrestato nel blitz idi ieri della squadra mobile. Agli atti dell’inchiesta c’è una sua lunga conversazione intercettata dai carabinieri lo scorso 23 ottobre. Una lezione di mafia al suo allievo, Alessio Caruso, in coma all’ospedale dopo essere stato ferito nell’agguato costato la vita al suo “maestro”.

“Noi abbiamo degli scopi, degli ideali che non dobbiamo fare morire ma – diceva – e preghiamo il Signore che certe cose non finiscano mai… noi siamo contro lo Stato, contro la polizia”. Al figlio di Stefano Marino, uomo d’onore di Brancaccio, spiegava che non bisognava mischiarsi con certi delinquenti che rubano le auto, utilizzano i bambini per spacciare, provocano risse e sparano nei locali.

Studiare dal film “Il Padrino”

Bisognava “studiare” da mafiosi: “Se tu andavi a scuola, all’università, avresti conosciuto dottori, avvocati, ma sempre Alessio era che arrivava là. Se tu ti vedi per esempio il film ‘Il Padrino’, uno dei più bei film, sembra niente ma insegna tanto, ma lo devi saper guardare il film, se lo vede il picciuttieddu gli piacciono le battute, quello che spara quello… ma dietro questo film c’è una bella storia… Tu l’hai guardato da piccolo, guardalo ora da grande e ti faccio vedere che gli dai una lettura diversa. Se guardi il legame che aveva il padrino… non è il padrino che comandava tutti, il padrino non era il capo assoluto, lui è molto influente per il potere che si è costruito a livello politico, nei grossi ambienti…“.

Nostalgia del passato

Poi la nostalgia di un passato che ha conosciuto appena: “Quello che hanno creato loro – affermava Romano – è confondere questa delinquenza con i nostri ideali, perché la delinquenza serve a portare l’opinione pubblica a favore loro, quando parlano di bambini che spacciano e mettono la parola mafia, per quello che dicono sui giornali, e mettono la parola mafia dietro queste cose, questa delinquenza gli serve per infangare quella parola”.

“Quello che ho in testa non è prendermi a schiaffi con lo spacciatore, ma se il caso fare una guerra a tipo Saddam Hussein, gli ideali che ho io – spiegava ancora -. Quando vedi certi pensieri di politica, manovre politiche, là tu stai crescendo… Il livello è basso, bassissimo, perché parliamo della panetta di fumo, ‘minchia ma io non devo campare?’… cioè così siamo ridotti? Quelli di una volta, quelli che disgraziatamente sono andati a finire in carcere per tutta la vita, ma che parlavano della panetta di fumo? Cioè se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perché doveva arrivare una nave di fumo… Io a 14 anni prendevo una panetta di fumo e me la steccavo, ma pensi che a 40 anni devo discutere ancora la panetta di fumo?”.

“Cultura personale”

Romano sognava di fare il salto di qualità, di prendere l’ascensore asociale: “Cerca di costruire, di fare una cosa buona, dico lo studio, non sarebbe bello, ma scusa la massoneria tu sei stato in carcere hai letto più di me, io sono sicuro che hai studiato più di me, puoi farti una cultura personale… se tu vai all’università conoscerai dottori, avvocati quelli che hanno comandato l’Italia e l’Europa, quando si parla di massoni, sono gente con certi ideali ma messi nei posti importanti, noi che cosa possiamo fare? ‘Ma va cacaci la m…, chi sei tu? Il capo là? Chi sei, Rambo?'”.

Ed invece nella mafia di oggi le cose vanno diversamente: “Il livello è basso oggi arrestano uno e si fa pentito. Livello misero, basso, ma di cosa stiamo parlando? Persone che se il caso li fai sentimentali entrano in carcere e parlano, a noi ci possono tagliare tutti, moriamo dentro il carcere, ci possono fare pezzi pezzi”.

Mafia vuol dire degrado: “Non per parlare con la voce dello splendido, però allo Sperone ci sono un macello di picciriddi che hanno problemi con la giustizia inutilmente, che alimentano questa cosa che vogliono sempre loro… Io non lo permetterei mai che un bambino spacciasse droga perché è contro i miei prinicipi, contro i miei valori, siamo persone che salvaguardiamo i nostri principi e i nostri valori…”.


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