Palermo, "sono stato io": Capo gallo, una sigaretta causò il disastro

“Sono stato io, Capo Gallo ha preso fuoco”: una sigaretta causò il disastro

L'incendio a Capo Gallo
Le intercettazioni e "la confessione"

PALERMO – “Per sbaglio ho buttato la sigaretta e con il caldo ha preso fuoco tutta la montagna… però a mare… a Capo Gallo e l’acqua che aveva tutta la cenere… ha preso fuoco tutta la montagna”, così scriveva ad un amico l’uomo accusato di avere provocato la devastazione. Era il 24 luglio 2023.

Seicentocinquanta ettari di vegetazione in fumo, case distrutte, gente costretta a scappare dalle fiamme nel cuore della notte, diossina nell’aria. Tutto per colpa di una sigaretta.

Un “gesto imprudente”, lo definisce il giudice per le indagini preliminari Andrea Innocenti che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un uomo di 26 anni.

Un gesto colposo ma altrettanto gravissimo, tanto che il gip ha deciso di applicare il più duro fra i provvedimenti per l’indagato di cui non formiamo le generalità perché è coinvolto in una storia di maltrattamenti in famiglia. Mentre si indagava per l’incendio sono emerse le violenze subite da moglie e figlio.

Secondo la Procura di Palermo, sarebbe stata l’azione dolosa di un piromane. L’ipotesi è che l’indagato fosse uscito di casa con una bottiglia di liquido infiammabile nascosta dentro un sacchetto di plastica.

Così sembrava dalle immagini che lo immortalano in sella ad uno scooter (abita vicino il luogo dove è partito il rogo). Sembrava appunto, perché secondo il gip non ci sono certezze in tal senso. Si può solo intuire che l’oggetto nel sacchetto avesse la sagoma di una bottiglia.

Il ventiseienne aveva già patteggiato nel 2017 una condanna per danneggiamento a seguito di incendio, violenza privata e reati in materia di armi ed esplosivi.

In quell’occasione, sempre nella zona di Mondello, aveva lanciato insieme ad altre persone alcune bottiglie molotov contro un edificio occupato abusivamente.

Hanno avuto un peso per la scelta della misura cautelare le frasi intercettate durante un colloquio in carcere dove era già rinchiuso nell’ambito dell’altra inchiesta: “Sono stato io”, disse l’uomo. Che aggiungeva: “Non è stata una volontà, io non ho mai usato né accelerante, né benzina, né nulla”.

I carabinieri di una task force giunta da Roma non hanno trovato inneschi nel terreno incolto nei pressi di via del Semaforo da dove è partita la devastazione. Nel video si vede l’uomo in motorino.

Esce dall’inquadratura per 27 secondi. Troppo pochi per fermarsi, appiccare l’incendio e fuggire. E poi, secondo il gip, un piromane non dà fuoco vicino casa mettendo a rischio la vita dei propri cari.

Resta, dunque, la grande imprudenza e la pericolosa superficialità con cui ha lanciato la sigaretta accesa “specialmente se si tengono in considerazione le condizioni ambientali della giornata, con temperatura oltre i 40 gradi, e il forte vento di scirocco”.

L’indagato “non poteva ignorare neanche le caratteristiche specifiche dell’area immersa nel verde della riserva”. Era “sicuramente prevedibile e chiaramente evitabile tramite l’uso di una ordinaria diligenza”. Ed invece ha lanciato la cicca accesa con disarmante naturalezza.

Poi avrebbe pure cercato di convincere alcuni testimoni a fornire “versioni di comodo” e “cancellare la chat di WhatsApp”. Egli stesso pensava di fornire una versione falsa: “… io posso dire che ho visto dei ragazzi?”.

L’estate è alle porte, arriveranno il caldo e lo scirocco. Una sigaretta potrebbe provocare un nuovo disastro: serve senso civico e prudenza. Ciò che mancò nel luglio dell’anno scorso. E poi ci sono i piromani, quelli riconosciuti tali che appiccano le fiamme.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI