CATANIA – Il racket della prostituzione di donne asiatiche nei centri massaggi. La contraffazione di prodotti industriali. L’immigrazione clandestina. Sono solo alcuni dei business, in grado di produrre un flusso milionario di denaro – trasferito attraverso il sistema illegale detto “hawala” nella Repubblica popolare cinese – in cui operano gruppi criminali della mafia cinese a Catania e in altre 23 province d’Italia.
Sono alcuni dei ‘giri’ emersi a margine dell’operazione lampo condotta appena un mese fa dal Servizio centrale operativo della polizia. Che all’ombra dell’Etna – e in numerose altre zone del Paese – ha scoperto tutti gli affari occulti di questa organizzazione. Per questo, si ricorda, erano scattati 13 arresti e 31 denunce in tutta Italia. Gli agenti hanno anche controllato centinaia di esercizi commerciali, di cui due sottoposti a sequestro. A emergere con forza sarebbe la presenza consolidata di questi gruppi nel territorio catanese.
Il radicamento in Sicilia
Le indagini hanno confermato come le organizzazioni criminali cinesi, diffuse su tutto il territorio nazionale, agiscano soprattutto nei territori dove è più alta la concentrazione di connazionali stabilmente residenti in Italia.
Catania, stando a una delle ultime rilevazioni disponibili – all’1 gennaio 2024 – è la provincia siciliana con il più alto numero di immigrati cinesi presenti, pari al 30 per cento del totale nell’Isola. Sono in tutto 2.196, regolarmente presenti nel Catanese, un dato che spicca rispetto ai 7.223 in tutta la Sicilia. Va sottolineato che si tratta di una comunità pacifica, composta per la stragrande maggioranza da persone laboriose e senza alcun rapporto con gruppi malavitosi. Tuttavia le indagini hanno rivelato come la criminalità cinese operi anche a Catania.
Il silenzio di Cosa Nostra e il sistema “hawala”
Gli affari mafiosi, in terra catanese, vengono svolti dalla mafia cinese in maniera autonoma, senza interferenze o conflitti, rispetto alle mafie locali. Le mafie catanesi non subiscono concorrenze sui loro business storici – dal traffico di droga al pizzo – e a loro volta non interferiscono con gli affari della mafia cinese. Questi gruppi sono formati spesso da persone che arrivano dalla Cina. Ma altre volte sono legati a cittadini cinesi da vincoli familiari.
Un elemento distintivo di queste organizzazioni, come detto, è l’utilizzo del sistema “hawala”, un metodo clandestino di trasferimento di denaro che consente il movimento di ingenti somme tra continenti senza lasciare tracce nei circuiti bancari ufficiali. Questo sistema è spesso impiegato per il riciclaggio di denaro e il finanziamento di altre attività criminali, ma talvolta è stato anche usato da organizzazioni terroristiche.
L’ala armata all’interno
La polizia ha scoperto a livello nazionale anche l’esistenza di un’ala armata all’interno di questi gruppi, incaricata di intimidire e mantenere il controllo sulle attività illecite. Spesso attraverso atti di violenza e vendette interne. Ala armata che, va evidenziato, non risulta legata a specifici episodi avvenuti in provincia di Catania, dove si registra una forte fibrillazione, piuttosto, delle mafie locali.
La presenza della mafia cinese a Catania semmai è una ‘questione silenziosa’: che non spara, che – quantomeno in apparenza – non miete vittime. Ma richiede un’attenzione costante per prevenire l’espansione di reti criminali.
Catania unica provincia siciliana interessata
Quella etena è stata l’unica provincia siciliana coinvolta nell’operazione delle Squadre mobili di mezza Italia. Oltre a Catania gli interventi hanno riguardato quelle di Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Cosenza, Firenze, Forlì Cesena, Genova, Latina, Mantova, Milano, Padova, Parma, Perugia, Pistoia, Prato, Reggio Emilia, Roma, Siena, Treviso, Udine, Verona e Vicenza, coordinate dallo Sco.

