PALERMO – Mezza Sicilia va alla conta in questa tornata di elezioni amministrative. Tra oggi e domani 142 comuni eleggeranno sindaci e consigli. E tra loro anche quattro capoluoghi di provincia: Catania, Messina, Siracusa e Ragusa. Un test troppo corposo per liquidarlo come squisitamente locale. Il voto di oggi e domani, infatti, avrà anche un’indubbia valenza politica. E il suo esito condizionerà evitabilmente gli scenari futuri della politica regionale.
La posta in gioco è alta e riguarda soprattutto il futuro di Palazzo d’Orleans. Rosario Crocetta arriva a questo test a sette mesi dal suo insediamento. Sette mesi nei quali la poltrona del governatore s’è fatta sempre più scomoda. Il presidente della Regione vive una stagione di conflittualità con gli alleati e con le parti sociali. Il suo governo fin qui, al netto dei proclami e di alcune apprezzabili iniziative di rottura rispetto al passato, in questo momento appare in ritardo rispetto alla improrogabile necessità per la Sicilia di politiche si sviluppo che possano in qualche modo alleviare la tragica sofferenza inflitta dalla crisi.
L’immagine di un governo assediato e bersagliato dalle parti sociali e dalla sua stessa maggioranza, avviluppata da settimane, anzi da mesi, in perenni e sterili conflitti interni, mal si concilia con i propositi e le speranze di rivoluzione tanto cari a Crocetta. Ecco perché all’indomani del voto, il presidente difficilmente potrà eludere le richieste di verifica sollecitate a più riprese dagli alleati,a partire dal Pd e aprire una fase due per l’esecutivo, che secondo i più passerà inevitabilmente per un rimpasto.
Prima di sedersi al tavolo della trattativa che potrebbe cambiare i connotati della giunta Crocetta, i partiti della maggioranza hanno la possibilità di pesarsi in queste amministrative, che vedono in campo vecchi e nuovi aspiranti protagonisti. Interessante il derby delle polemiche, quello tra Pd e Megafono, il movimento di Crocetta che in alcuni comuni corre contro i democratici. Da tenere d’occhio anche i risultati dell’Udc che dopo il flop delle Politiche e lo scisma di Leanza è rimasta sguarnita a Catania tanto da non presentare liste. I centristi corrono con gli alleati di Palazzo dei Normanni in molti centri, ma non disdegnano l’alleanza vecchio stile con il Pdl a Siracusa. Ritorno alla politica dei due forni? Anche questo si capirà meglio dopo il voto.
Il test, insomma, potrebbe rappresentare per la multiforme coalizione di centrosinistra una sorta di primarie in vista del rimpasto, ma non solo. C’è anche un centrodestra ridotto a una quasi afasia a livello regionale. Al netto di tre o quattro agguerritissimi deputati, l’opposizione di centrodestra all’Ars ultimamente è un po’ sparita dalla scena, assente dal dibattito e alla ricerca di nuovi slanci. Servirà il voto di oggi e domani a rivitalizzarlo? O piuttosto la tornata amministrativa scaverà ulteriori solchi dentro il Pdl, come accaduto a Siracusa, dove i berluscones si presentano divisi?
Ci sono poi i grillini. Le elezioni amministrative sono forse le meno adatte al giovane movimento di Grillo e i risultati opachi del voto di due settimane fa nel resto d’Italia hanno rappresentato un campanello d’allarme. Grillo si è speso molto in questi giorni in Sicilia, puntando soprattutto sui piccoli centri. Bisognerà tenere d’occhio quindi i risultati dei 5 Stelle, che sette mesi fa furono il primo partito in Sicilia per le regionali.
C’è poi la dimensione locale del voto, le mille sfide nella sfida, e fra tutte quella di Catania. Sullo sfondo, però, un denominatore comune, lo stato disastroso delle finanze degli enti locali siciliani, alcuni come Messina sull’orlo del dissesto. Ma anche questa sarà una grana che il governo dovrà affrontare dopo il voto. Magari, chissà, con qualche faccia nuova.

