PALERMO – Si sono dati appuntamento a Enna per dare vita a quella che non vogliono chiamare una corrente. Al suo interno ci sono i nomi della vecchia e della nuova nomenklatura del Partito democratico: c’è un sottosegretario, Giuseppe Beretta, ci sono tre deputati (Maria Iacono, Maria Greco e Pippo Zappulla) e numerosi ex parlamentari come Tonino Russo, Franco Piro, Angelo Capodicasa, Marilena Samperi e Alessandra Siragusa, ma soprattutto c’è lui, l’uomo della discordia: Mirello Crisafulli, protagonista in questi giorni dello scontro con il Megafono e con Beppe Lumia. La linea, in fondo, è sempre quella: “Il Megafono – spiega Russo, uno degli uomini di punta del nuovo gruppo – è di fatto un partito. Chi sostiene un partito alternativo al Pd è incompatibile. Non ci sono santi che tengano”.
Crocetta, però, è stato molto chiaro: la nascita del Megafono è stata autorizzata da Bersani in persona.
“Qui c’è un equivoco grave. Se Bersani ha autorizzato qualcosa, ha autorizzato la nascita di una lista. Qui, invece, è nato un partito. Non è possibile avere la doppia militanza: per le nostre regole è vietato essere sostenitori di altri partiti. La poligamia non è possibile, bisogna scegliere: o la moglie o l’amante”.
Immagino che il suo ragionamento valga per Lumia come per il presidente della Regione.
“Andiamo subito al punto più alto: stare dentro al partito, per gli eletti, significa fare parte del gruppo e contribuire alle spese. Non è possibile che ci siano assessori, e persino il presidente della Regione, che non aderiscono al gruppo del Pd”.
Mi sta dicendo che Crocetta, che all’Ars è iscritto al gruppo che porta il suo nome, dev’essere espulso?
“Per quanto mi riguarda si deve iscrivere al gruppo. I deputati del Pd devono versare una quota per il sostentamento delle strutture. Le regole del partito non possono prescindere da chi ha i ruoli di massimo prestigio. Legalità è anche rispettare le regole interne. E questo vale anche per chi è potente”.
È una presa di posizione netta per un presidente della Regione: o nel gruppo o fuori dal partito.
“Non è che qualcuno vuole cacciare altri: chi non rispetta le regole si mette fuori da sé. Lo Statuto parla chiaro: l’articolo 23 dice che gli eletti hanno il dovere di contribuire al finanziamento del partito, soprattutto in un momento di grandi ristrettezze come questo. Qui invece assistiamo a una cosa opposta: il presidente e altri che sono fuori dal partito pretendono di prendere decisioni per il Pd, ma poi alle riunioni di maggioranza si presentano come rappresentanti dei loro movimenti. Ripeto: o l’amante o la moglie”.
A proposito di riunioni di maggioranza: Crocetta, in questi giorni, ha chiuso la porta a un rimpasto. Voi come la vedete?
“C’è un errore di fondo: è stata consentita una composizione del governo tale da farlo diventare il governo del presidente, non il governo della coalizione. C’è un forte sbilanciamento a favore delle scelte del presidente. Alle elezioni, però, i partiti che hanno sostenuto Crocetta hanno avuto lo stesso risultato del presidente. Insomma: non c’è stato questo valore aggiunto del presidente Superman che vogliono farci vedere”.
Si riferisce alle Regionali?
“Prendiamo i dati: il presidente ha preso il 30,47%, le liste che lo appoggiavano il 30,46%. Il valore aggiunto è stato dello 0,01%. Lo vede? Non abbiamo Superman davanti, è stata la retorica a determinare questa immagine: un grande presidente e poi, sullo sfondo, i partiti”.
Mi faccia capire: vuole dire che chiede più visibilità per il partito e meno per il presidente?
“Il Pd, a differenza di altre liste, deve sentire la responsabilità storica del risultato: abbiamo sulle spalle il governo della Regione con un esponente che viene dalla nostra storia politica. Gli elettori presenteranno il conto non solo al presidente, se verrà ricandidato: il conto sarà presentato anche al partito che rappresenta la spina dorsale della coalizione. Non conviene a nessuno indebolire il Pd. Fin qui, però, è questo che si è fatto. In questo Crocetta ricorda Cuffaro e Lombardo”.
In cosa, esattamente?
“Non possiamo tollerare un presidente pigliatutto come Cuffaro e Lombardo. È quello che sta accadendo: c’è un partito del presidente che appunto fa il pigliatutto, dentro il quale finiscono tutti quelli che nel tempo sono stati a vario titolo vicini al potere. Il Pd è un’altra cosa. E non si pensi che siamo solo pronti a porgere l’altra guancia. Questo partito ha una dignità storica elevatissima”.
Già, il partito. Facciamo un passo indietro: cosa si propone questa componente?
“Innanzitutto non è una componente, ma proprio il tentativo di andare oltre le componenti classiche. Si parte dal nucleo della vecchia area Bersani-Mattarella, ma si sono aggiunti altri pezzi in vista della prossima scadenza congressuale. L’obiettivo è programmare il futuro tutti insieme, oltre la classica contrapposizione fra correnti: ci sono energie e sensibilità differenti. Pensi: ieri era presente anche Fabrizio Ferrandelli, che notoriamente sta da un’altra parte”.
Tutti insieme per “rifare” il Pd, come dice qualcuno?
“Qui il tema non è rifare il Partito Democratico. Se dovessimo rifarlo per com’è meglio non farlo. Dobbiamo riavviarlo, come un computer impallato, e per questo terremo un’iniziativa a Palermo il 28 giugno. Abbiamo scelto come portavoce Franco Piro”.
Sì, ma l’incontro di ieri s’è tenuto a Enna. Facile definirvi “la corrente di Crisafulli”, visto che lui c’era.
“L’abbiamo fatto lì perché Enna è il baricento della Sicilia. E poi, mica c’è da vergognarsi: Mirello Crisafulli negli anni è stato un esponente di primo piano del Partito democratico e ha il diritto di farne parte. Non ho nessuna difficoltà a ritenere che per lui ci debba essere uno spazio di militanza”.
C’è, però, una questione morale sollevata sul suo conto.
“Fino a prova contraria è una persona perbene, ed è anche un politico raffinato”.
Un politico raffinato e una persona perbene che, però, la commissione di garanzia del partito non ha voluto in lista.
“Sì, c’è stato un invito esplicito affinché non si candidasse per un’accusa di abuso d’ufficio, ma è stato impegnatissimo al fianco del partito in campagna elettorale”.
Già, l’abuso d’ufficio è l’accusa per la quale è stato escluso. C’è però un’altra vicenda che lo riguarda: è stato ripreso mentre incontrava il boss Raffaele Bevilacqua in un hotel. Fatti giudicati non penalmente rilevanti, sui quali però è stata sollevata a più riprese una questione morale.
“È la solita storia. Quel che non viene detto, però, è che quel tizio, Bevilacqua, fu cacciato, e che lo stesso personaggio è stato incontrato a più riprese dall’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo, che è attualmente a giudizio. La candeggina di questo partito, però, ha ripulito chi adesso è sotto processo per mafia perché potesse andare al potere in nome e per conto della presunta antimafia”.
E siamo arrivati al punto. Lumia contro Crisafulli, l’eterna sfida.
“Vorrei che questa polemica, fatta da chi vive di contrapposizione, fosse messa definitivamente da parte. In questo partito c’è un dibattito che vuole prescindere dalla querelle creata ad arte da chi vuole vivere di luce riflessa”.
Querelle creata ad arte?
“Non vorrei che l’inacidimento per non essere diventato segretario del Pd diventi in eterno il pomo della discordia. Lumia in passato non ha mai avuto difficoltà a stare in lista con Crisafulli. Il problema è nato quando qualcuno ha avuto bisogno di essere ricandidato in spregio alle regole statutarie. Abbiamo delle regole chiare: mai più di due mandati. Qui, invece, c’è qualcuno che può essere ricandidato tre, quattro volte. E qui torniamo al concetto di prima: legalità è anche rispettare le regole interne”.