Soldi, sudditi, regnanti: la politica da rifondare

Sicilia, soldi, sudditi e regnanti: ma questa politica è da rifondare

Criticare è sacrosanto. Ma chi li ha scelti?
LA FINANZIARIA
di
3 min di lettura

Mentre da Palazzo dei Normanni arrivava il frastuono della ‘battaglia per la Finanziaria’, raccontata dal nostro Salvo Cataldo, con tanto di messaggio del presidente Galvagno, pescato in anteprima dal nostro Antonio Condorelli, sul ‘clima di quasi odio’ – che riflette la trama delle tensioni, ben oltre la narrazione della concordia perpetua nella maggioranza – venivano in mente, ancora, Ficarra e Picone. Riflesso dovuto alla sagacia del talento di un inimitabile duo.

Stavolta, la memoria non si appuntava su ‘Sicilia Express’,di cui abbiamo scritto: era ‘L’ora legale’ a tornare alla ribalta, intanto che all’Ars, senza distinzione alcuna, strenuamente si combatteva, fino all’approvazione.

Ricordate, no? C’è un paesino siciliano che si indigna contro i corrotti ed elegge un sindaco dalla faccia pulita, alfiere della responsabilità. Successivamente, quando diventa chiaro come l’onestà abbia un costo inevitabile, la rivoluzione sterza dentro i confini di un rassicurante conformismo dell’illegalità spicciola, nonché quotidiana, licenziando il medesimo sindaco in precedenza tanto amato. Teniamo in serbo la trama per le conclusioni.

Quelle logiche ‘spartitorie’

Ecco – era lecito pensare, seguendo i lavori – risulta istintivo indignarsi, scagliarsi contro certa politica. Non che manchino i motivi. Anzi, ce ne sono fin troppi. Ogni giorno emerge qualcosa da raccontare, per cui vale la pena di arrabbiarsi civilmente e pronunciare un deciso ‘non ci sto’. L’ultima sessione in Aula ha tratteggiato il consueto clima in cui il dibattito generale subisce l’influenza di logiche frazioniste. Il governo sottolinea i punti a favore. Le crepe nel centrodestra restano visibili.

Il messaggino del presidente Galvagno presentava – per la cronaca – altri passaggi: “Qui c’è gente però che ha incassato e gente che è rimasta a bocca asciutta e non funziona”.

“C’è gente che si lamenta e ha mimetizzato le proprie proposte all’interno di tabelle e riserve con accordi con più interlocutori. Mi dispiace ma io difendo i colleghi parlamentari che realmente non hanno ottenuto nulla”.

Se ne trae la vivida impressione, almeno, della preponderanza di visioni personalistiche, come se il ‘chiedere e ottenere’ fossero prerogative misurate su parziali esigenze di bottega. Guai a restare ‘a bocca asciutta’. E si possono certamente, a riguardo, coltivare idee, nel completo arco regionale, impregnate di una critica pungente. Esageriamo?

La democrazia costa

Tuttavia, nell’identico modo, saremmo in grado di appuntare i nostri strali contro noi stessi, in senso diffuso? Nessuna classe dirigente, di qualunque colore, nasce dal nulla. Perfino l’attuale è una concreta espressione dell’opinione pubblica che l’ha messa dov’è. Come lo furono le altre, periodicamente accusate del nostro sottosviluppo endemico.

Il dubbio assume contorni inquietanti, ripensando a Ficarra e Picone. Siamo sicuri che sarebbe universalmente gradita una vera e paritaria democrazia, in cui non esistono scorciatoie, ‘né amici degli amici’, né favori da ricambiare, magari, con il voto? Ognuno, da siciliano, dia la risposta che crede.

L’indignazione è un sentimento gratificante. Concede a chi la esprime un salvacondotto di purezza. La polizza dello sdegno permette di emergere dall’anonimato. In determinate occasioni, si trasforma in trucco di scena, per continuare a vivere, secondo le rispettive possibilità. Tutto sembra lecito, pur di non soccombere, nella Sicilia di sudditi e regnanti. Ma questa politica è (sarebbe) da rifondare.

Scrivi a direttore@livesicilia.it


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI