PALERMO – La norma della discordia è a pagina 12. Poche, ma chiare parole. Non potranno ricevere l’accreditamento quegli enti che abbiano “liti pendenti e/o contenziosi con l’Amministrazione”. Un comma che nel documento pubblicato ieri dall’assessorato guidato da Nelli Scilabra, sarebbe piovuto dall’alto e un po’ a sorpresa. E che ha già scatenato la reazione degli enti di Formazione: “Una norma illegale e illegittima”, tuonano.
Come detto, questa clausola, una delle nove fattispecie per le quali l’amministrazione può decidere di negare l’accreditamento a un centro di formazione, escludendolo dalla possibilità di ricevere finanziamenti regionali, salta fuori quasi alla fine di un lungo documento. In parte concertato tra enti, Regione e sindacati. Anche questi ultimi, però, protestano: “E se un ente di Formazione sta solo difendendosi, viene tagliato fuori lo stesso?” dichiara ad esempio Giuseppe Raimondi della Uil.
Le nuove norme di accreditamento sono state ampiamente annunciate nei giorni scorsi. Tra i punti prinicipali, quello riferito alle sedi. Vengono sostanzialmente differenziate due tipi di sedi: quella “direzionale” dove l’ente svolge le attivtà di amministrazione e quelal di “erogazione” (aule e laboratori, insomma). Ogni sede può richiedere l’accreditamento per le attività di Formazione professionale o per quelle di Orientamento. Nel primo caso, gli enti devono scegliere una delle “macrotipologie”: Oif (corsi rivolti ai giovani per la tutela del diritto/dovere alla formazione), Formazione superiore (che si estende anche al post diploma e al post laurea) e Formazione continua e permanente (attività rivolte soprattutto a disoccupati o cassintegrati e propedeutica al reinserimento nel mondo del lavoro). I requisiti per l’accreditamento sono vari e spaziano dall’affidabilità economico-finanziaria alle capacità gestionali. L’accreditamento può essere richiesto anche in base alla volontà dell’ente di finanziare i corsi con risorse proprie o utilizzando anche quelle regionali o pubbliche.
“Tutte regole – commenta Paolo Genco, presidente di ‘Forma’, una delle più vaste associazioni di enti – che abbiamo concertato con l’assessorato e con i sindacati. Quel documento è il frutto del lavoro di tutti. Ma poi abbiamo visto spuntare quel passaggio…”. Il passaggio è all’articolo 11. Tra le ultime pagine del documento. Quelle riservate ai “casi di sospensione e revoca dell’accreditamento”.
“Qualora sia accertata una non conformità sanabile ovvero gli organismi non abbiano adempiuto, nei tempi e/o con le modalità previste, – si legge nel documento pubblicato dall’assessorato Istruzione e formazione – all’aggiornamento della documentazione scaduta, alle comunicazioni di variazione e/o all’invio dei report di monitoraggio l’Amministrazione procede: alla diffida, assegnando un termine entro il quale l’organismo deve provvedere alle prescrizioni;- alla sospensione, per un tempo determinato, nel caso le inadempienze non vengano sanate nel termine assegnato con la diffida. Qualora le non conformità accertate non siano suscettibili di immediata regolarizzazione, l’Amministrazione procede alla diffida con contestuale sospensione e assegnazione di termine. Gli organismi sospesi, – si legge sempre all’articolo 11 – verranno riammessi nell’elenco dei soggetti accreditati non appena avranno dimostrato di avere sanato le non conformità contestate. La sospensione non può superare i sessanta giorni, salvo proroghe che potranno essere concesse, a seguito di istanza motivata, esclusivamente nei casi in cui la eliminazione della non conformità dipenda da soggetti terzi. Decorso il periodo di sospensione, se la non conformità non viene sanata, verrà emesso provvedimento di revoca”.
Il problema, però, più che l’iter, è una delle cause di esclusione dall’accreditamento. Oltre alle violazioni del codice degli appalti, alle “gravi irregolarità” in tema di lavoro e rendicontazione, al ritardo nella restituzione di debiti nei confronti dell’amministrazione, alle false dichiarazioni sull’accreditamento, ecco saltare fuori il comma della discordia: tra le cause di revoca c’è “l’esistenza di liti pendenti e/o contenziosi con l’amministrazione”. E di liti e contenziosi, il mondo della Formazione è pieno. Basti pensare, solo per restare all’attualità, ai ricorsi presentati dagli enti ai quali è stato richiesto di restituire le somme erogate negli anni passati come “extrabudget”. E che la Regione in molti casi ha recuperato semplicemente congelando i finanziamenti destinati agli enti per i piani formativi più recenti. Una decisione utile, magari, a sanare la vicenda che vede alcuni ex assessori e alti burocrati accusati di danno erariale di fronte alla Corte dei Conti. Dal presidente Raffaele Lombardo agli assessori Santi Formica, Carmelo Incardona e Luigi Gentile, passando per l’attuale segretario generale della Regione Patrizia Monterosso, l’allora dirigente generale Alessandra Russo ed i dirigenti di servizio Maria Carmela Di Bartolo, Salvatore Di Francesca, Loredana Esposito e Antonino Emanuele. La procura della Corte dei conti ipotizza un danno erariale per cifre comprese tra gli 830mila euro contestati a Incardona ai 270mila euro alla Monterosso, passando per il 386mila euro chiesti a Formica e Russo.
“Ma quella norma – protesta Paolo Genco – è illegale e incostituzionale. Ed è in chiaro contrasto col nostro ordinamento giuridico. È come se si dicesse a un libero cittadino che non ha il diritto di far valere le proprie ragioni di fronte alla pubblica amministrazione”. “Forse – spiega Salvatore Miroddi, rappresentante di Cenfop, altra associazione di enti – serve un ulteriore momento di concertazione col governo”. “Questa norma – paventa invece Giuseppe Raimondi della Uil – finirà per produrre, semmai, nuovi contenziosi. E mi chiedo: se un ente si sta difendendo in un contenzioso innescato magari dall’amministrazione, perde pure il finanziamento?”. Insomma, se l’ente vuole i soldi, stia buono e non protesti.