CASTELLAMMARE DEL GOLFO (TRAPANI) – Cinquanta mesi senza stipendio. Oltre quattro anni di lavoro senza retribuzione. Denunce, accuse, documenti messi a disposizione delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria ma per le lavoratrici dell’Opera Pia Istituto “Regina Elena e Vittorio Emanuele II”, di Castellammare del Golfo, nessuna risposta alla loro domanda: “Quando avremo ciò che ci spetta?”. I lavoratori hanno avuto a che fare con consigli d’amministrazione “politicizzati” e con commissari nominati dalla Regione. L’ultimo, Duilio Messana, lo scorso 8 maggio ha firmato la delibera che avvia le procedure di “estinzione dell’Opera Pia”. Per seguire l’iter burocratico ed amministrativo ha affidato l’incarico all’avvocato Rossana Augugliaro. Sei mesi di consulenza fino al 14 novembre per 800 euro. Nella stessa delibera è il commissario a confermare le condizioni di assoluta precarietà economica dell’Ipab: “L’ente ha visto fortemente diminuire le proprie attività. Tale circostanza ha contribuito al decremento delle entrate ordinarie”. Nel 2008 il disavanzo di amministrazione era di 599.005,22 euro. Nel 2012 ha raggiunto quota 1.225.360,16 euro. L’atto deliberativo che apre le porte all’estinzione dell’ente – la proposta di fusione con altre Ipab del comprensorio ha dato esito negativo – registra un dato che suona quasi come una “beffa” per le lavoratrici dell’Opera Pia. Si tratta della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dei contratti di lavoro. Nel 1995 la Regione interveniva fino al 93,57% della spesa. Nel 2006, l’intervento si è ridotto al 30,05%. Per il 2012 non ci sono notizie. Così come non ci sono più notizie degli stipendi.
I sindacati, in particolare la Cgil Funzione Pubblica, ha provato a fare la sua parte ma non c’è stato un cambiamento di rotta. Le lavoratrici continuano ad essere in stato di agitazione, ma il loro futuro è senza certezze e la loro fiducia nelle istituzioni è pari a zero. Hanno visto e seguito, negli anni, consigli comunali occuparsi della loro vertenza. Hanno ascoltato assessori regionali offrire promesse che si sono rivelate vane. Il personale di ruolo è composto da 9 unità: 5 operatori di assistenza, 1 cuoca, 1 autista, 1 economo, 1 commis di cucina). Ci sono poi 4 ex Lsu-Asu, un assistente sociale ed altre due figure professionali. L’Opera Pia ha due sedi. Quella principale di via Galileo ospita la casa d’accoglienza “Dolce Casa”, che si occupa di gestanti e ragazze madri affidate dal Tribunale dei Minori. C’è anche un centro di aggregazione per minori. Nell’immobile di via Messina si trovano invece un centro diurno per anziani, un altro per disabili psichici, uno sportello d’ascolto per donne in difficoltà e la commissione comunale per le pari opportunità. Tanto lavoro, ma gratis perché l’ente non è in grado di pagare. Rimanda, di mese in mese, ed i dipendenti non sanno più a chi rivolgersi. Puntano il dito contro la politica che, a loro dire, avrebbe utilizzato l’Ipab come un ente di sottogoverno. Non sono lontani dal vero ma l’Opera Pia di Castelllammare del Golfo non fa eccezione rispetto a tante altre Ipab siciliane. Da qui l’indirizzo della Regione – in tempi di ristrettezze economiche – verso la fusione, in prima battuta, e la chiusura come soluzione limite.
La storia di questa Ipab di Castellammare comincia nel 1914 con l’Istituto della Misericordia e della Croce Regina Elena. Era una istituzione di Assistenza e Beneficenza che assisteva le orfane povere di Castellammare del Golfo. Poi la fusione con l’Opera Pia “Ospedale Civile Vittorio Emanuele II”. Il commissario Messana ha firmato la proroga per i 4 precari ed approvato il bilancio di previsione del 2013. Ha un rimborso spese mensile che va da 200 a 300 euro. Ma i dipendenti sono ormai stanchi di giustificazioni e di motivazioni tecniche. Rivendicano il loro diritto di lavoratori ad essere pagati. Hanno posto dubbi ed in qualche caso hanno anche denunciato ciò che non li convinceva. Come nel caso della vendita di un immobile per 300.000 euro, qualche anno fa, durante un’altra fase commissariale. Hanno messo sotto accusa progetti ed iniziative come alcune ristrutturazioni, che a loro dire non sono servite a nulla. Hanno contestato consulenze ed incarichi formalizzati durante le varie gestioni dell’ente. Hanno persino lanciato il sospetto su presunte manovre politiche che avrebbero determinato lo stop al pagamento dei loro stipendi. Ma non è accaduto nulla. Non hanno però alcuna intenzione di mollare. Non possono farlo per loro e per le loro famiglie. Hanno scritto più volte. Hanno ottenuto solidarietà ma anche diffidenza. Andranno comunque avanti avanti nella protesta.