PALERMO – “Ho deciso di dire no al traccheggiamento”. Ventiquattro ore dopo l’infuocata seduta della commissione sulla Spending review, culminata con le sue dimissioni dal ruolo di presidente, Antonello Cracolici torna sulla querelle. “Ho accettato questo incarico – ha detto Cracolici – per compiere un buon servizio alla politica. Per poter dimostrare, insomma, che la politica fosse in grado di autoriformarsi, tenendo insieme le prerogative dello Statuto, ma anche gli obiettivi contenuti nel cosiddetto decreto Monti che è, per intenderci – ha aggiunto – una legge dello Stato alla quale la Regione deve attenersi”.
Una rottura imprevista, in un certo senso. “Il testo che ho portato in commissione – ha raccontato Cracolici – era stato condiviso, oltre che dal mio partito, anche dal Movimento cinque stelle, dall’Udc e dal Pdl. Inoltre quel disegno di legge era stato il frutto del lavoro di tanti esperti. E in effetti il testo ha visto molti articoli già approvati in commissione. Eppure, ieri, non so per quale motivo, in commissione ha prevalso la logica del ‘rinvio’. E io ho deciso di non metterci la faccia. Ho lavorato per difendere la credibilità della politica”.
Ma qualcosa cambia proprio in commissione. I deputati non sembrano più d’accordo persino sul fatto di citare, nel testo, il decreto Monti. “Dimenticandoci – sottolinea Cracolici – che questa commissione nasce proprio col compito di recepire il decreto”. E invece, i componenti della Commissione, hanno avanzato un’altra ipotesi. Quella di ignorare i limiti del “Monti” e di legare lo stipendio del parlamentare a quello dei Senatori. Con una riduzione del 20%. Un escamotage utile, nel caso in cui quelle indennità riprendessero a crescere. Sui nomi dei deputati Cracolici “glissa”: “Non è una questione politica, ma di sensibilità. E ogni proposta era legittima”. Ma ammette: “Formalmente, l’emendamento che chiedeva di sganciarci dal decreto Monti portava la firma di Riccardo Savona”.
Una sorpresa, come detto, per Cracolici. E un motivo sufficiente per scegliere la via delle dimissioni. “Ritirale”, in conferenza stampa qualche deputato, come Santi Formica chiede a Cracolici di ripensarci. “Io – replica secco il deputato del Pd – non ritirerò le dimissioni. Ho tanti difetti, ma sono coerente. E sono anche molto paziente. Se assumo una decisione, avviene dopo averci pensato attentamente. Fare il presidente di questa commissione non era un mio sogno da bambino”.
In realtà, qualche segnale su una possibile frenata era giunto già a luglio. La Commissione ha chiesto una proroga , fino al 18 ottobre. “Ma ci siamo arenati su un punto delicato. Io ho pensato – ha proseguito Cracolici – che si dovesse conservare la specialità, la tradizione di questo parlamento con la necessità di non trasformare questa specialità in privilegio. Per questo, ho avanzato l’ipotesi che il deputato regionale siciliano guadagnasse quanto un consigliere regionale della Lombardia o dell’Emilia Romagna. Sul tema degli emolumenti, insomma, non potevamo apparire diversi dagli altri ‘colleghi’. E io ho posto come inderogabile il fatto che il deputato siciliano avrebbe dovuto mantenersi entro i limiti fissati dal decreto Monti. Altrimenti sarebbe passato solo il messaggio che lo Statuto siciliano è fonte unicamente di privilegi”.
Adesso, si avvicina il termine per la chiusura dei lavori della commissione, previsto per il 18 ottobre. A quel punto, potrebbe intervenire direttamente il Consiglio di presidenza per il recepimento delle norme del decreto Monti, che comunque scatterebbero, almeno per quanto riguarda le indennità, dal primo gennaio 2014. “Farci imporre i tagli per via amministrativa – commenta Cracolici – sarebbe una sconfitta per tutta l’Assemblea. Se pensassi che il parlamento non fosse in grado di autoriformarsi, mi sarei già dimesso da deputato. Credo però che serva una scossa. I miei colleghi, forse, non hanno idea del clima pesante che c’è nei confronti della politica. Non possono pensare – conclude con una battuta – di continuare a fare i giapponesi”.