PALERMO – Un corteo di oltre 500 collaboratori scolastici, provenienti dal bacino degli Lsu in servizio nelle scuole di Palermo e provincia, è partito stamani da piazza Marina, per dirigersi verso Palazzo delle Aquile. Sono i lavoratori delle cooperative Comitini, Pubblica Istruzione, 30 Aprile, Service e Istruzione Pubblica, convenzionate dal 2000 con l’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo.
I collaboratori scolastici lamentano il forte disagio vissuto ormai da sei mesi a causa del mancato pagamento delle retribuzioni e del mancato inserimento nei percorsi di stabilizzazione che verranno adottati dal ministero della Pubblica Istruzione. “I lavoratori non possono più attendere dopo sei mesi senza stipendio – dicono Mimmo Milazzo, segretario Cisl Palermo-Trapani e Francesco Amato, segretario Felsa Cisl Palermo-Trapani -. La loro mancata stabilizzazione, inoltre, causerà notevoli disagi alle scuole di Palermo e provincia. Intendiamo sensibilizzare il sindaco Orlando. Senza questa figura professionale, nelle scuole verrebbe a mancare non solo il servizio di pulizia ma anche di vigilanza, accoglienza, assistenza agli studenti”.
Tra i manifestanti, Mario Mangano, presidente della cooperativa Comitini: “Noi rivendichiamo il nostro posto di lavoro. Siamo collaboratori scolastici con diciotto anni di carriera alle spalle. Non possiamo permettere di essere tagliati fuori”. Per la Cisl la loro stabilizzazione “deve essere inserita nel decreto nazionale sui precari della pubblica amministrazione”.
“La nostra vita è un disastro – dice Giuseppe Affronti, collaboratore scolastico -. Non possiamo pagare le bollette e non abbiamo neppure la possibilità di comprare i libri scolastici ai nostri figli. Chiediamo che ci venga restituita la dignità di esseri umani”.
“Diciotto anni di precariato e dopo tutto questo tempo nessuno ci riconosce – lamenta Angela Giordano, anche lei collaboratrice scolastica -. Siamo diventati invisibili. Siamo senza stipendio e a casa ci sono i conti da pagare ma non siamo nelle condizioni di poterlo fare. Non posso neppure iscrivere mio figlio all’università”.