PALERMO – “Ecco, lo vede quello lì: Davide Faraone, il capo dei renziani in Sicilia. L’ho allevato io, difendendolo nella lunga serie di minchiate che ha combinato, e adesso non passa giorno che non i attacchi”. Inizia così l’intervista di Mirello Crisafulli al quotidiano la Repubblica. Un colloquio avvenuto nel Transatlantico di Montecitorio e che ha registrato anche la battuta rivolta da Crisafulli allo stesso Faraone: “Vieni qua, capo degli infami!”.
Da Faraone alle percentuali ‘bulgare’ ottenute da Gianni Cuperlo a Enna, dove il candidato alla segreteria era sostenuto proprio da Crisafulli. Un plebiscito che suscita dubbi, sospetti. “So che non è piaciuto, ma se la gente mi vota in massa io che ci posso fare?”, risponde l’ex senatore ennese. Poi la domanda sul perchè dell’appoggio a Cuperlo: “Ero del tutto disincantato sulle primarie nazionali, del tutto disinteressato… Poi i renziani, dopo avermi chiesto di votare per loro, hanno cominciato ad attaccarmi. Sono stati loro, con i loro insulti, a spingermi, senza volerlo, verso Cuperlo. Più tempo passa e più ci si accorge che Renzi non è capace a fare il segretario”.
In primo piano, però, le sue vicende giudiziarie che stridono con la permanenza nel Pd: “Non si può stare in un partito a bagnomaria. O mi ci tengono o mi mandano via. Non ho pendenze giudiziarie, quindi non mi possono cacciare. Invece Bersani ha ceduto alle campagne di stampa”. Secondo Crisafulli l’ex segretario del Pd “ha ceduto alle campagne di stampa” e “dopo di me – dice – non gliene è riuscita bene una. E anche ai renziani suggerisco cautela – prosegue, chi si mette contro di me non ha un futuro roseo. Porta male, insomma. Non so se è chiaro?”. L’ultima domanda riporta la discussione sulla sua permanenza nel Pd: “Mi dispiace che nel mio partito ci si può stare solo se belli, eleganti, magri e con i giubbotti di pelle (il riferimento è a Renzi, ndr). In Sicilia diciamo come i pupiddi. Ma io non me ne vado – chiosa -, anche se peso 110 chili”.