BANGKOK – Ci sono voluti trent’anni. Alla fine, però, Vito Roberto Palazzolo è stato estradato in Italia. Trent’anni segnati dolorosamente dalla morte di Giovanni Falcone, l’uomo che più di ogni altro aveva dato la caccia al tesoriere di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Palazzolo è atterrato a Malpensa dalla Thailandia al termine di una complicata procedura di estradizione.
A Bangkok il finanziere di Terrasini era stato arrestato nel marzo 2012. Ha messo piede in Italia poco dopo le 6 e 30 del mattino. Guardato a vista dagli uomini dell’Interpol. Poi, è stato preso in consegna da poliziotti e carabinieri italiani. A Gianfranco Minissale della Catturandi della Squadra Mobile e a Pietro Calamusa del Nucleo investigativo dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo il compito di guidare il trasferimento nel carcere di Opera. Palazzolo deve scontare una condanna a nove anni per associazione mafiosa.
Ma il suo ruolo in Cosa Nostra, secondo gli investigatori, va molto oltre la “semplice” appartenenza ai clan. Palazzolo è il depositario delle chiavi dei forzieri di Riina e Provenzano. Per conto dei capimafia corleonesi ha riciclato fortune immense. Ma potrebbe anche essere a conoscenza di quei perversi rapporti fra i padrini e personaggi delle istituzioni. D’altra parte per primo lui ha goduto di amicizie che contano tanto da starsene indisturbato in Sud Africa per decenni. Abitava in una lussuosa villa a Città del Capo.
Infine l’arresto in Thailandia dove era arrivato chissà per quali affari. Nei mesi scorsi Palazzolo aveva mostrato segnali di apertura ad una possibile collaborazione nel corso di alcuni incontri in carcere con il pubblico ministero Gaetano Paci. Poi, però, aveva chiesto la revisione del suo processo. Richiesta inaccettabile. E il percorso, reale o presunto, si è frenato sul nascere. Adesso Palazzolo rischia il 41 bis. Il carcere duro riservato ai boss più pericolosi. Un cambiamento radicale di prospettiva per uno come lui abituato al lusso.