PALERMO – “I lavoratori della Rap devono cambiare mentalità, dimostrare di avere a cuore l’azienda. In passato si sono autogovernati, ma adesso si cambia: sono io a decidere”. Sergio Marino è il presidente della nuova azienda partecipata del Comune di Palermo dallo scorso luglio e in questi mesi ha dovuto affrontare emergenze rifiuti, battaglie con i sindacati, un Natale senza operatori per la raccolta e un Capodanno in cui su 180 addetti hanno imbracciato la ramazza in appena 80. Una situazione paradossale, su cui anche la magistratura sta indagando e che per questo lo ha sentito nei giorni scorsi. “C’è qualche sindacalista che pensa di poter comandare come in passato, ma adesso dovrà farsi da parte”.
Presidente Marino, partiamo dalla raccolta dei rifiuti. La situazione è tornata alla normalità?
“La raccolta è ripresa in via ordinaria, tranne per piccoli casi sporadici dovuti a qualche mezzo che non funziona o qualche cassonetto non svuotato. Proprio oggi ho fatto un giro in città e la situazione è tornata alla normalità”.
Il sindaco Orlando ha promesso che questa è stata l’ultima emergenza rifiuti. Si sente di confermarlo?
“Mi auguro che questa sia stata l’ultima emergenza, ma visti i mezzi a disposizione e quelli che vanno in avaria ci potrebbe essere ancora qualche problema, ma speriamo che non avvenga. Certamente questa è l’ultima emergenza causata dall’atteggiamento di lavoratori e sindacati non in linea con la nostra politica che è quella di offrire un servizio efficiente ai cittadini e di curare il decoro urbano”.
Quale atteggiamento?
“Il personale nel tempo è stato abituato ad autogovernarsi, a decidere per esempio chi doveva andare a fare il servizio a Natale. Ebbene, ora si cambia: sarò io a decidere chi deve andare a lavorare e chi no. Chi non va, se non motivato, sarà sanzionato come accaduto a Capodanno”.
Ecco, andiamo all’ultimo Capodanno. Cosa è successo di preciso?
“A Natale e a Santo Stefano non si è presentato nessuno su base volontaria, a Capodanno abbiamo fatto un ordine di servizio e nonostante questo in molti non sono venuti: chi per malattia, chi per permessi sindacali, altri hanno chiesto le ferie per telefono. Per questo li abbiamo spostati dal notturno al diurno, facendo perdere loro 300 euro al mese in busta paga”.
Ci sono state reazioni da parte dei sindacati?
“I sindacati non hanno apprezzato ma non hanno reagito, perché in quel caso verrebbero presi a schiaffi dai cittadini che vogliono una città pulita”.
Ha destato scalpore anche la sua decisione di ruotare i capiarea del settore raccolta…
“Certo, abbiamo spostato anche dei sindacalisti. Ho voluto dare un segnale di cambiamento, cercando di essere giusto. Nessuno ha formalmente protestato per questo, forse hanno capito che avevano superato il limite. Per adesso i sindacati sono calmi”.
Lei ha creato anche una squadra di ispettori per controllare il lavoro dei suoi dipendenti. Che risultati ci sono stati?
“Non sono ispettori, ma funzionari che io ho individuato e che direttamente alle mie dipendenze vanno a verificare il servizio, cioè se i cassonetti sono stati svuotati o le postazioni pulite. Riferiscono direttamente a me, così da capire come va il servizio. Dopo la vicenda di Capodanno, devo dire che c’è stata una risposta adeguata del servizio. La Procura sta indagando e questo condiziona il personale, tanto che oggi ho fatto un giro personalmente e tutti i cassonetti sono vuoti. Ma questo deve diventare la normalità, senza pressioni del presidente o della Procura”.
Pensa che questo atteggiamento dei lavoratori sia stato una delle cause del fallimento dell’Amia?
“Del fallimento no, ma dei disservizi sì. In un’azienda caotica, probabilmente nel tempo si erano instaurati meccanismi per cui a governare il servizio era qualche personaggio con un forte potere sindacale che decideva spostamenti, assegnazioni, turni o ferie. Io intendo governare questa azienda facendo il presidente pienamente, nel rispetto delle regole e delle leggi ma con l’obiettivo comune del rispetto del cittadino e del servizio. Su questo piano lavorerò con tutti, se qualcuno ha obiettivi diversi si faccia da parte”.
Siglato il pre-accordo, adesso tocca alla cessione dei rami d’azienda dell’Amia. A che punto siete?
“Il 22 scade l’affitto, i tempi sono strettissimi e siamo in pieno lavoro. Speriamo di rispettare il termine ma, se ciò non dovesse avvenire, la curatela chiederà una proroga di un mese”.
L’amministrazione comunale ha anche attivato un numero per le segnalazioni dei cittadini…
“Il numero funziona sempre. Il Comune raccoglie tutte le richieste, fa un elenco periodico con il recapito telefonico del cittadino e l’oggetto della lamentela, noi giriamo tutto agli uffici che fanno i riscontri e restituiamo le risposte al Comune. Il sistema ha funzionato molto bene, ha messo in moto un meccanismo di controllo del cittadino. Magari qualcuno esagera perché vorrebbe lo spazzino tutti i giorni sotto casa, ma a noi è stato utile ricevere alcune segnalazioni”.
L’azienda dovrebbe vedere aumentare i propri introiti anche grazie a Palermo differenzia 2, che dovrebbe partire a breve…
“Palermo differenzia 2 è una certezza. Il commissario ha già pubblicato la gara per le attrezzature e i mezzi, il primo step partirà a marzo ed entro l’anno avremo distribuito i kit in tutte le zone interessate. Così avremo maggiori entrate, se riusciremo, come ci siamo prefissati, a convincere il cittadino a fare la differenziata e a svolgere bene il servizio. Il rifiuto ha un valore e deve portare risorse economiche”.
Che messaggio vuole mandare ai lavoratori della Rap e alla cittadinanza?
“Io ho detto ai lavoratori che il nostro pre-accordo funziona se c’è da parte loro un radicale cambio di mentalità. Per produrre bisogna lavorare ma senza interessi personali, a Natale non si può pensare solo a stappare la bottiglia di spumante in famiglia. Se non hanno a cuore l’azienda, fregandosene del minimo indispensabile per poter produrre, la cosa non funziona. Mi aspetto un cambio di mentalità. I cittadini però devono fare la loro parte, alcuni sono attenti e sensibili mentre altri fanno di tutto per rendere il nostro lavoro impossibile. In alcuni casi siamo da terzo mondo”.