PALERMO – È una delle tante storie di “ordinaria ingiustizia”. O di giustizia lenta. Dipende da quale prospettiva la si guardi. Il protagonista è un magazziniere. Anzi, un ex magazziniere. Perché il lavoro Antonino Bonomolo lo ha perso dopo essere finito in manette. Di certo i 15 mila e 300 euro che ora gli sono stati riconosciuti come risarcimento danni per ingiusta detenzione non serviranno a cancellare i segni dei 25 giorni trascorsi ai domiciliari e dei sette anni di processo subiti prima che venisse dichiarato innocente.
Nel marzo del 2005, Bonomolo, allora quarantacinquenne, finisce in manette. Gli contestano di avere rubato medicinali nel deposito di un grossa azienda di distribuzione farmaceutica. L’accusa è di furto aggravato e continuato. Le indagini presero il via nel giugno del 2004, quando il legale rappresentante della ditta presentò una denuncia a carico di ignoti. Non si trattava di piccoli e sporadici ammanchi di farmaci, ma di un prelievo sistematico che nell’arco di un biennio aveva provocato danni per 300 mila euro.
Iniziano le indagini che si concentrano, da subito, sul magazziniere che sta lì da un ventennio. Nei giorni in cui si verificano i furti c’è quasi sempre lui di turno. E Bonomolo diventa il sospettato numero uno. Gli investigatori alla fine si dicono certi che sia il colpevole. E individuano pure il meccanismo, presunto tale, per rubare i farmaci. Semplice ma efficace: Bonomolo ha il compito di prelevare la merce dagli scaffali, scaricarla passandoli al lettore ottico e inserirla nelle buste indirizzate alle diverse farmacie di Palermo. Una manovra che ogni tanto non esegue. I farmaci spariscono per essere rivenduti, probabilmente, al mercato nero.
Bonomolo si proclama innocente. Rimane 25 giorni ai domiciliari, viene rinviato a giudizio e processato. Nel 2008 il Tribunale lo assolve in primo grado. La Procura, però, presenta appello. Il processo di secondo grado si conclude nell’aprile 2012. Ancora una volta il verdetto scagiona l’imputato. L’assoluzione pochi mesi dopo diventa definitiva. Ci sono voluti sette anni di processo, però, per stabilire la verità.
Gran parte del merito va dato gli avvocati Filippo Gallina e Salvatore Vallone che hanno svolto le indagini difensive. Una delle prove principe, e cioè la presenza sul posto di lavoro di Bonomolo nelle giornate in cui si consumavano i furti, è stata smontata. Già, perché i furti avvenivano con regolarità anche quando Bonomolo era a casa a riposare. Dagli accertamenti bancari non era emersa la figura di un uomo spendaccione. Il suo stile di vita non era cambiato di una virgola ed era certamente compatibile con il suo stipendio. E così arrivò l’assoluzione che ora ha fatto scattare, su istanza dei legali, il risarcimento danni per ingiusta detenzione. Per quei 25 giorni di arresti domiciliari e per il processo successivo Bonomolo non solo ha perso il lavoro, ma anche la stima di molte persone che gli stavano attorno. Ha dovuto persino cambiare città e mestiere. Ora ha ricominciato, ma non si occupa più di farmaci. Impossibile ceh qualcuno desse fiducia ad un uomo accusato di furto.