PALERMO – Terreni che vanno dai 500 metri quadrati fino ai 10.000 sparsi tra Ciaculli, Brancaccio, Boccadifalco, Mezzomonreale ma anche Borgo Nuovo e concentrati per lo più nella zona pedemontana di Palermo. Appezzamenti confiscati alla mafia e dati a Palazzo delle Aquile ormai da anni con alberi da frutto e coltivazioni, ma finora inutilizzati e per i quali l’amministrazione Orlando ha deciso di imprimere uno sprint per la loro assegnazione.
Per questo a metà maggio Palazzo delle Aquile ha emanato un avviso pubblico che scadrà il 14 giugno rivolto a enti, associazioni, onlus, comunità, cooperative sociali o di recupero dalla tossicodipendenza o ancora associazioni di protezione ambientale. Soggetti individuati dalla legge che potranno pertanto presentare una domanda e, passata una prima scrematura per la verifica dei requisiti di partecipazione, proporre al massimo due progetti per due dei 29 terreni confiscati a disposizione del Comune, anche se l’amministrazione potrebbe decidere di tenerne qualcuno per sé (specie i più vasti).
Si tratta di terreni che da anni sono in mano a piazza Pretoria, ma finora i vari bandi sono andati a vuoto con l’effetto di lasciarli in parte incolti e trascurati sebbene la Polizia municipale periodicamente li controlli. Alcuni sono pieni di alberi, altri invece di erbacce e legni secchi. La novità, stavolta, è nel come verranno utilizzati: avranno un maggiore punteggio quelli che mireranno alla creazione di orti sociali per l’autoproduzione alimentare e così la creazione di opportunità occupazionali, di giardini condivisi per finalità ricreative e di servizi di protezione civile e ambientale. La realtà degli orti sociali, per esempio, è già presente in altre città come Roma, Torino e Bologna dove le amministrazioni mettono alcuni terreni a disposizione non solo di pensionati o abitanti del quartiere, ma anche di indigenti che così possono produrre da sé il cibo e magari anche rivenderlo grazie ad apposite convenzioni e accordi con alcuni punti commerciali. Alcune cooperative si fanno invece pagare un piccolo contributo per l’assistenza tecnica. Una soluzione che permette così di non lasciare un terreno incolto (o alle cure di chi non ne ha diritto) e al contempo di offrire qualche opportunità occupazionale. Non potranno servire per l’emergenza abitativa (in alcuni sorgono solo piccoli manufatti rurali), ma se riuscissero a garantire un piccolo reddito permetterebbero ad alcune famiglie di poter sostenere la spesa per un affitto.
Conclusa la prima fase di accertamento dei requisiti, i soggetti selezionati potranno valutare i terreni, ricevere tutte le informazioni e presentare al massimo due progetti con tanto di business plan: per ogni appezzamento sarà redatta una singola graduatoria e verrà assegnato per dieci anni. I punteggi verranno assegnati premiando tra le altre cose chi non ha avuto assegnati in passato altri beni confiscati, chi si dichiara disponibile a effettuare opere di miglioria da 5 mila euro in su e chi offrirà servizi gratuiti al Comune.