Morto Pietro Caldarera |Il gentiluomo di Corimbo - Live Sicilia

Morto Pietro Caldarera |Il gentiluomo di Corimbo

Malato, prima di chiudere lo storico negozio lanciò una svendita per pagare tutti i fornitori. Fece conoscere grandi artisti ai palermitani

PALERMO – Adesso sappiamo che non è stata la crisi a provocare la chiusura di Corimbo, uno dei negozi più ricchi e amati di Palermo, gestito da uno storico signore del commercio, Pietro Caldarera, un gentiluomo pronto ad accogliere con garbo la clientela nel ricco loft di via Principe di Belmonte dove negli ultimi mesi tanti correvano per assicurarsi sotto costo quadri e lampadari, libri d’arte, poltrone e arredi pregiati. Adesso sappiamo quale tormento celavano il sorriso e la cortesia di un uomo deciso a chiudere tutto perché cosciente che la vita stava sfuggendo via. Come è inesorabilmente accaduto dopo una lotta contro un tumore insinuatosi fra la generosità e l’intelligenza di un antiquario e gallerista innamorato di una Palermo in cui cominciò a muoversi, da ragazzo, nei negozi della famiglia materna, i Fici.

E’ una storia da raccontare quella del commerciante che, resosi conto del disastro imminente, decide di chiudere lanciando una svendita per realizzare e pagare tutti i fornitori, in modo da lasciare i conti a posto, come ha constatato davanti alle ultime carte contabili, una settimana fa, nello studio del suo amico fraterno Luigi La Rosa.

Con lui ottempera a tutti gli impegni, soddisfatto, pur con l’infinita tristezza di chi sapeva che non stava abbandonando soltanto quel negozio.

Un appuntamento atteso e gestito con la dignità del commerciante con il culto del suo mestiere, appreso da ragazzo nei negozi della mamma, nonna Niní, come la chiamavano anche gli amici di Pietro. Una rete di quattro negozi, uno in via Roma, un altro sotto il grattacielo di piazzale Ungheria, un altro ancora in via Lulli, poi acquisito dai Randazzo, la famiglia dedita a ottica e foto. Le vicissitudini portarono al fallimento di quella società, una Spa, ma diversamente da quanto consentito dalla legge Caldarera non rovesciò i passivi sulla società, intervenendo con beni personali per pagare i fornitori. Un dato colto da Franco Randazzo che allora comprò via Lulli pagandolo un po’ più di quanto richiesto, come egli stesso ricordava. Un modo per aiutare il collega in difficoltà. Storie d’altri tempi.

Poi l’esperienza di via Principe Belmonte, la “Casa d’oggi” che tanti ricordano quasi di fronte alla gioielleria Fecarotta. Ma allora la strada non era l’isola pedonale di oggi e Caldarera preferì spostarsi più giù, verso il porto, nel loft diventato un cenacolo per amici, turisti, acquirenti che trovavano sempre un bicchiere di vino per l’aperitivo muovendosi fra drappi, soprammobili, piantane e pezzi di fine antiquariato miscelati con il meglio del modernariato.

Dei tre figli che lascia, Emanuele, apprezzato urologo del Civico a Palermo, lo ha seguito passo passo nella malattia assicurando il massimo conforto. Come la sorella Giuliana, anche lei nata dal matrimonio di Caldarera con Giulietta La Cavera, figlia del mitico presidente di Confindustria scomparso un paio di anni fa. Il terzo figlio è un bimbo di cinque anni, Antonio, nato dall’amore con Caterina Piscitello, una giovane signora, impegnata alla Rinascente, felice quando tre anni fa si coronò il sogno delle nozze.

Saprà un giorno il piccolo che a rimpiangere il padre sono in tanti, a cominciare da grandi artisti che Caldarera ha fatto conoscere ai palermitani. E’ il caso di Croce Taravella, di Beppe Vesco, di molti altri, fino al raffinato Renato Tosini, il tipografo con tre lauree e una mano da maestro subito individuata e lanciata da Caldarera con il fiuto dell’esperto capace di costruire cultura.

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