PALERMO – Salvatore Pispicia gli avrebbe affidato il suo patrimonio. Un gruzzolo sostanzioso che il boss di Porta Nuova avrebbe consegnato a Vincenzo Coniglio, il parrucchiere di corso Calatafimi che si sarebbe messo al “servizio” del clan mafioso.
E chissà quanti altri pezzi grossi di Cosa nostra potrebbero avere deciso di avvalersi della preziosa collaborazione di un uomo che, fino al suo arresto nel 2001, era un insospettabile. Finì in carcere asieme ad Antonino Zarcone. Ora che Zarcone, boss di Bagheria, ha deciso di collaborare con la giustizia è inevitabile che i pubblici ministeri Maurizio Agnello, Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco stiano cercando di scandagliare tutti i segreti economici dei clan.
Il giorno del suo arresto i carabinieri del Nucleo investigativo scoprirono che in macchina e a casa Coniglio nascondeva degli appunti che potrebbero essere collegati alla contabilità del mandamento retto in quel momento, secondo l’accusa, da Calogero Lo Presti e Tommaso Di Giovanni.
“Allora, Salvatore Pispicia si lamentava con me, dopo questi arresti che ci sono stati – racconta ora Zarcone – in quanto mi riferiva che aveva dato delle grosse somme di denaro a un certo parrucchiere che era stato tratto in arresto insieme al mio mandato di cattura. Che io non conosco poi neanche questo soggetto chi sia. Era stato tratto in arresto in quanto teneva grosse somme di denaro di Salvatore Pispicia e Salvatore si lamentava nei confronti di Tommaso Di Giovanni in quanto pensava che lui l’avrebbero coinvolte in storie di fatti di mafia e che l’avrebbero rovinato, in senso che Salvatore Pispicia – prosegue – aveva perso tutto il suo capitale, perché sapeva che era stato sequestrato, con queste somme di denaro che aveva in gestione questo parrucchiere… perché non voleva assolutamente che questo parrucchiere venisse coinvolto in alcune vicende, che non sapeva neanche lui perché si trovava in questo blitz e perché era stato coinvolto”.
Zarcone, dunque, conosce pochi particolari del parrucchiere. Di una cosa è, però, certo perché l’avrebbe saputa da Pispicia durante un periodo di detenzione in comune: “Salvatore Pispicia mi descriveva questa persona come una persona cara a lui. Infatti gli aveva consegnato questa grossa somma di denaro perché gli dava fiducia ed erano molto amici, e sapeva che mai avrebbe tradito la fiducia di Salvatore Pispicia e queste somme di denaro erano personali di Salvatore Pispicia e servivano per garantire la sua famiglia, per famiglia intendeva dire moglie, figli e lui personalmente, non altri soggetti. E che non voleva che nessuno l’avrebbe coinvolto in qualche affare, magari, illecito o in qualche cosa, perché lo teneva fuori da ogni discorso. Come un cassiere suo, non poteva tenere soldi in banca e aveva stu amico suo…” .
Che Pispicia si fosse rivolto a Coniglio per la gestione del suo patrimonio sarebbe emerso da alcune intercettazioni con la moglie. Alla donna che, durante un colloquio in carcere, protestava perché il parrucchiere non le garantiva sufficiente liquidità, il boss rispondeva. “… ora io ti faccio dare tutto quello che lui ha e te li gestisci tu e se ci arrivi ci arrivi se non ci arrivi ci mettiamo il punto”. Pur lamentandosi la donna alla fine faceva un passo indietro (“… no, io responsabilità non ne voglio…”, anche se si rammaricava del fatto che l’atteggiamento di Coniglio fosse cambiato dopo che il parrucchiere si era avvicinato a Tommaso Di Giovanni : … perché lui si è inguaiato da quant’è che cammina con questo… perché da allora è cambiato Salvo… da allora è cambiato, a me ha girato le spalle da quant’è che è cazzo e culo con questo, da allora, da allora…”. Ecco perché i pubblici ministeri non escludono che anche altri boss potrebbero avere affidato i loro beni all’insospettabile parrucchiere. Secondo la versione di Coniglio, che ha reso dichiarazioni spontanee al dibattimento in cui è imputato, avrebbe avuto rapporti esclusivamente con Pispicia. Rapporti di natura personale e risalenti nel tempo che nulla hanno a che vedere con la presunta partecipazione del Pispicia alla famiglia mafiosa.