Padre Puglisi patrono | Ecco perché - Live Sicilia

Padre Puglisi patrono | Ecco perché

Padre Pino Puglisi tra i patroni di Palermo: una proposta assai opportuna. Già migliaia le adesioni sulla pagina Facebook dedicata e sul sito www.beatopadrepuglisi.it.

Non è una questione interna alla Chiesa. Non è materia da devoti della domenica. Non è nemmeno l’esigenza di ammodernare il campionario dei santi da esporre, con un titolo supplementare, alla pubblica venerazione. E’ parecchio di più, e riguarda sì la comunità religiosa ma pure, direi soprattutto, la comunità civile. Esprime la necessità, in un tempo in cui sembrano perduti i valori della pace, della giustizia e della legalità, in cui si massacra in nome di Dio, in cui nel fumo grigio dell’ambiguità si confondono mafia e antimafia, di indicare un esempio limpido di amore per il prossimo sino alle estreme conseguenze, di azione coraggiosa per il riscatto materiale e spirituale delle persone da ogni forma di schiavitù.

Di cosa sto parlando? Dell’iniziativa lanciata dal giornalista Francesco Deliziosi, ripresa, tra gli altri, anche dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, per chiedere che il Beato Padre Pino Puglisi sia annoverato tra i patroni di Palermo. Già migliaia le adesioni sulla pagina Facebook dedicata e sul sito www.beatopadrepuglisi.it. Proposta assai opportuna. Padre Puglisi era un sacerdote normale. Un sacerdote e basta. Senza scorta e il distintivo di “prete antimafia”, senza telecamere e fotografi al seguito, senza amicizie influenti. Sconosciuto. Eppure, faceva paura alla mafia, irritava e preoccupava quel centro, lo chiamò “Padre Nostro”, da lui creato per raccogliere i ragazzi e le ragazze di Brancaccio e raccontare loro una possibile esistenza diversa da quella falsamente dorata e tragica offerta dai capi di Cosa Nostra. Un uomo piccolo, mite, “armato” solo del Vangelo e del suo sorriso che ha però scosso, nelle fondamenta, il malvagio e pervasivo impero della piovra.

I boss temono chi sa rivolgersi alle coscienze dei giovani, nelle scuole, nelle parrocchie, nelle strade, facendoli innamorare della vita e della libertà. Io ho avuto il privilegio di conoscerlo e il suo sorriso, è vero, non lo puoi dimenticare. Non stento a credere che sia rimasto impresso, forse fino alla conversione, nella mente e nel cuore indurito di chi ha premuto il grilletto. Padre Pino, in quella drammatica sera del 15 settembre del 1993, lo guardò negli occhi, sorrise e gli disse: “me l’aspettavo”. Poi, il colpo alla nuca. E’ lo stesso assassino che rivelerà quanto accaduto in quegli attimi. Era un angelo don Puglisi, umile, disponibile, immerso nella sua missione sacerdotale. Era povero, sobrio, essenziale. Nei suoi interventi, durante le riunioni della Consulta giovanile diocesana per l’Apostolato dei Laici, dove lo conobbi negli anni ’80, non era mai lungo, non alzava la voce, sussurrava, come a non volere essere invadente.

Per la Chiesa è un martire, cioè ucciso in odium fidei, in odio alla fede. Tanti hanno speso fiumi di vuote parole sulla mafia, quindi il niente assoluto, o hanno usato e usano l’antimafia per personali, a volte sciagurate, convenienze. Altri, invece, si sono consapevolmente immolati nella lotta contro una sotto cultura del sopruso e di morte che ci opprime e ci soffoca da sempre. Padre Puglisi ha “soltanto” testimoniato quotidianamente la sua fede, sorriso al suo carnefice, pronunciato le parole del martirio: “me l’aspettavo”. Ha affermato, con il sangue, che non è lontanamente concepibile alcuna compatibilità tra la croce santa di Cristo e la lupara dannata dei mafiosi. Di lui, abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno della sua protezione, del suo messaggio dirompente: “se ognuno fa qualcosa…” che abbatte egoismi e disimpegno nel rivendicare i diritti dei cosiddetti ultimi. Non importa quale Dio si prega, se si è atei o credenti, il suo olocausto va oltre e abbraccia le donne e gli uomini di buona volontà che vogliono un mondo più giusto e solidale. La sua operosità, tanto muta quanto concreta, è inoltre un monito alla politica dei politicanti, ai palazzi del potere indifferente e dei privilegi offensivi, alle nostre istituzioni sorde ai bisogni della gente e alle condizioni di degrado e di sottosviluppo in cui vivono molti giovani delle periferie abbandonate, lasciandoli così potenzialmente preda del fascino demoniaco della criminalità organizzata. Ecco perché è importante domandare a gran voce che il Beato Padre Pino Puglisi sia Patrono di Palermo. Sommessamente, io lo penso anche Patrono della Sicilia.


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