PALERMO – La sentenza è definitiva. Antonio Fabio Maria Scavone e Maurizio Letterio Lanza, rispettivamente ex direttore generale e amministrativo dell’Ausl 3 di Catania, oggi Azienda sanitaria provinciale 3, devono risarcire un danno erariale di 371 mila e 96 mila euro. Lo ha stabilito la sezione d’appello della Corte dei Conti, presieduta da Pino Zingale (giudice relatore Valter Del Rosario). Accolta la tesi della procura regionale che era rappresentata dal procuratore generale Diana Calaciura.
Il processo contabile ruotava attorno ad alcuni incarichi esterni conferiti dall’Azienda sanitaria. Incarichi ammessi in casi eccezionali e solo se tra il personale interno non ci siano professionalità adatte a ricoprire il ruolo affidato ad esperti e consulenti. La legge è fin troppo chiara. Se non viene rispettata si incappa in quella che il pm di primo grado, Gianluca Albo, aveva definito “un’intollerabile negligenza e leggerezza gestionale”. Il processo contabile ha seguito una strada parallela a quello penale. Scavone è, infatti, sotto processo per abuso d’ufficio e aveva chiesto che la Corte dei conti aspettasse il giudicato della sentenza.
Sono tre le nomine esterne finite nel mirino. Nel febbraio del 2006 Scavone nominò l’esperto Salvatore Rodonò per riorganizzare gli uffici amministrativi. Un progetto costato alle casse dell’azienda sanitaria 43 mila per i mesi da gennaio a luglio 2006. Ad agosto Scavone modificò l’oggetto dell’incarico. Si prendeva atto dell’impossibilità di portare a termine il progetto iniziale, ma non si rinunciava alla professionalità di Rodonò a cui veniva affidata l’organizzare del personale nei distretti sanitari. Il compenso veniva fissato in 30 mila euro all’anno. Allo scadere del contratto arrivò la proroga per un altro anno su cui i pm contabili scrivevano “i motivi si sostanziano in articolate, evanescenti e oscure proposizioni in cui non è dato evincere una giustificazione logico giuridico della delibera di proroga”.
Il secondo incarico era quello di Cosimo Rosselli, chiamato a coprire il vuoto lasciato dal responsabile del Settore affari del personale andato in aspettativa. Scaduto il contratto dell’esterno gli venne prorogato, stavolta per tre anni. Rosselli ha incassato parcelle per 288 mila euro. Infine c’era il caso di Sebastiano Russo. Chiamato sempre da Scavone nel 2006 per “la riorganizzazione delle attività e delle procedure amministrative afferenti ai distretti sanitari”. Compenso da 30 mila euro all’anno.
Secondo l’accusa, le nomine e le proroghe decise da Scavone (primario di radiologia, ex parlamentare ed ex assessore al Comune di Catania) “possono giustificarsi solo con una lettura disinvolta della norma sintetizzabile nella sequenza: previsione normativa-automatica legittimazione a nominare esperti di fiducia. Il ricorso alla facoltà di nominare (e prorogare) un esperto è assolutamente ingiustificato stante la mancanza di qualsiasi preventiva verifica di professionalità interne, idonee ad espletare gli incarichi da conferire e la genericità ed evanescenza dell’oggetto”.
Non è passata la linea difensiva secondo cui, invece, in Azienda mancavano le professionalità necessarie visto il quadro “deficitario” delle risorse umane. Scavone, in ogni caso, ha sostenuto che “i suoi comportamenti non sarebbero stati connotati da colpa grave, avendo egli operato in buona fede ed al solo fine di migliorare la funzionalità dell’Azienda”. Secondo Lanza, invece, “se egli, in qualità di direttore amministrativo avesse condizionato in maniera determinante la volontà del direttore generale Scavone, quest’ultimo avrebbe dovuto essere dichiarato esente da responsabilità amministrativa”. Ed invece è arrivata la condanna, sia in primo che in secondo grado. Sia per Scavone che per Lanza.