Sette volte espulso | E ora si scopre che è uno scafista - Live Sicilia

Sette volte espulso | E ora si scopre che è uno scafista

Dal settimanale Panorama, in edicola in Sicilia da ieri, la paradossale storia del tunisino Ismail Zied, fermato con l'accusa di aver condotto a Pozzallo un barcone con 178 disperati. Lo Stato più volte gli aveva ordinato di lasciare l'Italia. Era sempre rimasto o era tornato.

PALERMO – Prima di essere identificato come scafista, Ismail Zied era stato cacciato dall’Italia sette volte. “Tante volte ritornano” raccontano, con un po’ di amarezza, gli agenti della polizia di Ragusa, tra i più impegnati in quella frontiera caldissima che è la costa meridionale della Sicilia. Tante volte ritornano, prima o poi. E la storia di Zied è incredibile, ma allo stesso tempo esemplare: un arresto, sette decreti di espulsione e due respingimenti. Un cursus honorum cominciato quando era classificato come “semplice” immigrato irregolare e finito adesso con l’accusa di essere uno spegiudicato trafficante di uomini. Un mercante di morte. Uno scafista.

Quando mette piede in Italia per la prima volta nel 2003, Ismail ha 16 anni. Clandestino, viene arrestato più di un anno dopo, appena maggiorenne. L’accusa è quella di agevolazione all’immigrazione irregolare. Poche settimane di carcere e nel 2005 è già fuori con un decreto di espulsione e l’intimazione a lasciare il paese entro 15 giorni. Lo farà solo quando lo Stato italiano lo metterà su un aereo per il ritorno coatto a Tunisi. Nel 2010. Cinque anni dopo.

Tra l’uscita dal carcere e l’aereo che lo riporterà nel Paese d’origine, Ismail Zied continua tranquillamente a girare per la Sicilia. Senza documenti, senza un lavoro. E a dire il vero, non è che passi del tutto inosservato. Al giovane, che nel frattempo si era stabilito nel comune di Santa Croce di Camerina, in provincia di Ragusa, macchiandosi di piccoli reati, viene comminata una sfilza di nuovi decreti di espulsione. Al ritmo di uno all’anno: nel 2006, nel 2007, nel 2008 e nel 2009. Ma Zied non si muove. In fondo, la conseguenza legata al suo essere “recidivo” si concretizza spesso in una semplice pena pecuniaria nei confronti di un immigrato nullatenente. Così, il giovane clandestino ignora i provvedimenti. E, come se nulla fosse accaduto, sull’Isola di lui ci sono tracce per altri cinque anni.

Fino a quel volo che lo riaccompagnerà a Tunisi, solo nel 2010. Una procedura complicata e costosa. In questi casi, i clandestini vengono dapprima trasferiti in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione), in attesa che sia disponibile un volo per riportarli in patria. La Tunisia non è considerato un paese a rischio. Quindi per l’immigrato non esisteva nemmeno la possibilità di richiedere il diritto d’asilo. Anzi, il Paese nordafricano, da anni tiene in piedi relazioni istituzionali con l’Italia proprio sul tema dell’immigrazione. È proprio la Tunisia, però, a dover dare l’ok: riconoscere, cioè, che quel clandestino è effettivamente un cittadino tunisino. E quindi riaccoglierlo.

Una procedura complessa, ma anche costosa. Insieme ai voli, lo Stato deve garantire anche una scorta che dovrà consegnare l’immigrato alle autorità del suo Paese. Nel 2010 il volo per Tunisi è pronto. Zied sale su quell’aereo, e dopo cinque provvedimenti di espulsione non rispettati, strappati e gettati via, viene accompagnato fuori dai confini italiani. Ma è tutto inutile.

Il tunisino infatti presto ritornerà. È il 2012, e Zied arriva, stavolta, su un barcone che raggiunge Pozzallo. Pochi mesi dopo, ci riprova ad Agrigento. In quelle occasioni non viene identificato ancora come uno “scafista”. Ma in entrambi i casi viene “respinto” dall’Italia. Una procedura diversa dall’espulsione. Mentre quest’ultima avviene in seguito a un provvedimento del prefetto, nel caso del respingimento è sufficiente il provvedimento amministrativo del questore. Il respingimento, inoltre, può arrivare direttamente in mare, impedendo così, almeno in linea teorica, lo sbarco dei migranti, o subito a ridosso della frontiera o della costa. A Zied in effetti viene dato solo il tempo di toccare il territorio siciliano, quindi ecco l’immeditato trasferimento al Centro per l’identificazione a Trapani e il “respingimento” col nuovo riaccompagnamento in Tunisia. Non sarà l’ultimo.

Passano due anni, infatti, e Zied è di nuovo in rotta per la Sicilia: nel 2014 il barcone su cui viaggia il giovane, punta nuovamente la costa del Ragusano. Anche stavolta il tunisino viene individuato ed espulso. Nel frattempo, però, da semplice immigrato clandestino e pluriespulso, Zied, stando alle prime risultanze della squadra mobile di Ragusa, guidata dal commissario Antonino Ciavola, nel casellario giudiziario fa il salto: sarebbe lui uno dei due scafisti – insieme a un connazionale più giovane, anche questo già espulso in passato e tornato in Italia più volte – ad aver condotto fin sulle coste del Ragusano, lo scorso 5 maggio, un barcone con 178 disperati che avrebbero pagato circa 1.500 euro ciascuno per il trasporto in Italia. Per questo motivo l’uomo è stato immediatamente sottoposto a fermo dalla polizia di Ragusa. Un’accusa aggravata dal fatto di avere esposto “quelle persone a pericolo per la loro vita e incolumità”, si legge nel provvedimento del questore, oltre ad aver sottoposto quei migranti “a trattamento inumano e degradante”.

Adesso Zied attende un processo con rito abbreviato e con l’accusa di “associazione per delinquere” finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sulla carta rischia una reclusione massima di quattro, cinque anni. Ma in molti casi questi processi terminano con un nulla di fatto, anche per la difficoltà nel verificare le testimonianze dei migranti e farle valere al processo. Solo nel 2015, e solo in quell’angolo di Sicilia, l’incessante e a tratti drammatica attività della polizia di Ragusa ha portato all’identificazione e all’arresto di 23 presunti scafisti. Nel 2014 furono addirittura duecento. Molti di questi erano già stati cacciati più volte dall’Italia. E più volte erano rientrati. Come Ismail Zied, che arrivò a 16 anni come clandestino. E che, dopo sette espulsioni e qualche volo di ritorno pagato dall’Italia, si è scoperto essere uno scafista.


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