Quando un giorno questa storia di malgoverno siciliano sarà finalmente stampata in forma definitiva, un capitolo spetterà ai complici politici di Rosario Crocetta. A chi con con un artificio retorico l’ha criticato, per poi – magari sottobanco – accordarsi per la divisione della tunica di Cristo, la veste ridotta a brandelli di un popolo avviato sul sentiero senza ritorno della sua grecità.
Anche la Sanità – la nostra povera Sanità amministrata col bilancino delle cariche e degli strusciamenti – non si discosta dalla regola, offrendo la controprova dello sfascio. Dopo la vicenda – al netto di accuse penali rigorosamente da comprovare – che ha messo in mezzo Matteo Tutino, primario a Villa Sofia e medico personale di Crocetta, la sicula politichetta si è esibita in un ardito salto mortale. Ecco le parole di Pippo Digiacomo, numero uno della Commissione Salute all’Ars: “La commissione ha chiesto al governatore di rimanere alla guida della Sanità siciliana. E lui ha accolto di buon grado questo onere”. Il successivo e accoratissimo controcanto di altri membri non è stato da meno.
Scoppia uno scandalo che coinvolge il medico del presidente della Regione e che getta ombre sul sistema, tanto che lo stesso assessore Lucia Borsellino ha avvertito il bisogno di dimettersi? Non c’è problema: il suddetto presidente è prontissimo ad accomodarsi – ad interim, per carità – sulla poltrona assessoriale, senza battere ciglio, col plauso della Commissione parlamentare al ramo.
E il bon ton istituzionale? E i motivi che sconsiglierebbero una mossa del genere? E il rossore che inviterebbe questa politica a farsi da parte, ad attendere le conclusioni dei giudici, nel frattempo dando respiro a un settore disastrato, con una nomina super partes e – come suggerirebbe il galateo – di altissimo profilo? E la moderazione che consiglierebbe a Saro di rimanere un passo indietro, finché non sarà vagliata la posizione di Matteo, per millantato che sia quel legame di amicizia e di protezione?
Non c’entra il codice penale, ma la decenza sì. Come al solito è toccato ai grillini dell’Ars – i grillini parlanti che svolgono il ruolo di ultimi portatori di senso comune nel palazzo impazzito – farsi carico della denuncia: “Un passo indietro e con effetto immediato. Altro che interim a tempo indeterminato. La presenza del governatore alla guida dell’assessorato alla Sanità, dopo il clamoroso e scandaloso caso Tutino è assolutamente inopportuna e indesiderata. Vergognoso pure l’appoggio del Pd e l’assist di Digiacomo che farnetica parlando di un grande lavoro di risanamento che non vede praticamente nessuno”.
Cose, dunque, di senso comune. Logiche semplicissime che però non hanno udienza lì dove si decide; lì dove va in scena il gioco delle parti, il ‘grandissimo onere’ di chi accetta, la supplica di chi propone. Un minuetto di cristalleria da tè con i pasticcini, un ballo del Gattopardo tra le macerie. E il giudizio limpido della stessa Lucia Borsellino: “c’è stato un abbassamento di tensione, anche morale” viene derubricato ai margini. Per l’ipocrisia di certe complicità un cognome venerato torna comodo, solo se appartiene agli eroi morti e sepolti. Ma se c’è da apparecchiare una tavolata di oneri e onori, allora può essere tranquillamente gettato alle ortiche.