TRAPANI – La Cassazione ha confermato i pronunciamenti di primo grado e di appello e ha deciso la confisca dei beni per gli imprenditori castellammaresi Mariano Saracino, di recente arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Trapani e di Alcamo per essere ritenuto il nuovo capo della cosca di Castellammare del Golfo, e Giuseppe Pisciotta. La confisca, per 50 milioni di euro, scaturisce da un procedimento avviato dalla sezione di Trapani della Dia (Direzione investigativa antimafia) e che ha trovato riscontro nella sentenza di primo grado pronunciata dai giudici del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani.
Chiaro l’atto di accusa per Saracino, che ha recentemente trovato riscontro nell’operazione “Cemento del Golfo”: l’imprenditore nonostante le condanne per mafia ha accresciuto la sua attività economica e questo grazie anche all’aiuto di Giuseppe Pisciotta, suo socio in affari. Già durante il periodo della sua detenzione, dopo la prima condanna, Saracino ha continuato a “inquinare” il settore degli appalti pubblici, ampliando il raggio di azione dell’infiltrazione mafiosa. La “doppia” confisca infligge un pesante colpo ad uno dei più agguerriti clan di Cosa nostra, gli “affari economici” venivano condotti attraverso l’impresa “principe” di Saracino, la “Calcestruzzi del Golfo srl”, e poi, anche, dopo il sequestro, attraverso altre imprese.
Le ultime accuse su Saracino lo indicano quale “tesoriere” delle cosche di Alcamo e di Castellammare, un posto di comando da lui assunto grazie al boss latitante Matteo Messina Denaro. Il nome di Saracino è venuto fuori anche a proposito della stagione delle vendette maturate dentro Cosa nostra, come accadde nel 1992 quando fu decisa l’eliminazione del boss Vincenzo Milazzo e della sua convivente, Antonella Bonomo, ammazzata nonostante fosse incinta.