PALERMO – Guardando al bivio che si presenta davanti a Ncd, Renato Schifani ha pochi dubbi. E da un pezzo, peraltro. L’ex presidente del Senato è stato da subito il più critico nel partito fondato insieme ad Angelino Alfano sull’alleanza con Rosario Crocetta alla Regione. E oggi, dopo tanti segnali di disgelo e di riavvicinamento tra gli alfaniani e gli ex compagni di avventura del centrodestra, Schifani spinge sull’acceleratore. E propone che subito dopo l’estate i centristi rompano l’alleanza con Crocetta e il Pd per costruire il nuovo centrodestra in Sicilia.
Presidente Schifani, ma questo Ncd cosa farà da grande?
“C’è un dibattito aperto in corso. Siamo nati con la missione di costituire una delle costole importanti del centrodestra italiano e per garantire la governabilità dell’esecutivo di Enrico Letta. Tutto si è reso più complicato con il successivo governo Renzi per la caratterialità del personaggio, che tende a concentrare sulla sua persona le iniziative di governo ascrivendole a propri meriti e non a quelli della coalizione. Ncd ha fatto la sua parte fin qui. Ma avrebbe potuto identificarsi meglio, senza nulla voler togliere alla capacità politica di Renzi”.
Su che cosa avrebbe potuto farsi “riconoscere” meglio Ncd?
“Siamo riusciti a realizzare alcune importanti riforme come la riduzione dell’Irap, la semplificazione della Pubblica amministrazione, il varo del patto della Salute, il bonus bebè, la responsabilità civile dei magistrati. Ci stiamo battendo per la riforma delle intercettazioni e per il rafforzamento della sicurezza sul territorio. E poi lo stesso Jobsact, con la riformulazione dell’articolo 18 è stato un traguardo storico. Ma non si è riusciti a intervenire sull’abbattimento del debito pubblico che è il macigno che ci portiamo da decenni. Siamo riusciti, invece, ad impedire la introduzione del stepchild adoption”.
Qui in Sicilia però Renzi non c’è. C’è Crocetta, con cui avete dato vita a una discussa alleanza. Ha funzionato?
“E’ notorio come io avessi manifestato contrarietà all’omologazione del modello regionale a quello nazionale. Noi avevamo perso le elezioni e gli elettori ci avevano assegnato un ruolo di opposizione a un governo che si è dimostrato fallimentare. Se a Roma la responsabilità ci aveva portato a governare a tempo determinato con il Pd, qui il modello siciliano si sarebbe presentato come motivato da scelte soltanto tattiche e non strategiche. Si è detto che lo si faceva anche in vista di future alleanze col centrosinistra, da plasmare con questa convivenza al governo. Questa motivazione non mi ha mai visto d’accordo, ne ho preso atto ma penso che rischiamo anche noi di pagare gli altissimi prezzi elettorali del crocettismo”.
E perché?
“Per due motivi: intanto non vedo per nulla scontata, come sembrava un anno fa, una futura alleanza con il centrosinistra in Sicilia. E poi non credo che i consensi frutto dello stare al governo possano dirsi minimamente gratificanti”.
Peraltro se l’obiettivo era allearsi col Pd alle urne, va detto che alle ultime amministrative in Sicilia questo non è successo…
“Il nostro elettorato è di centrodestra. Noi stessi siamo parlamentari eletti nel centrodestra ed i nostri riferimenti territoriali appartengono tendenzialmente all’area moderata. La prova di questo sono le alleanze di centrodestra premiate dagli elettori; uno per tutti è l’’esempio di Caltagirone. Sondaggi che ho visto dicono che in caso di alleanza col centrosinistra l’area moderata in Sicilia perderebbe due o tre punti percentuali”.
Pare comunque che in questo momento l’aria stia cambiando come lei auspicava. Oltre alle alleanze delle amministrative ci sono stati altri segnali di disgelo come l’incontro tra Miccichè e Alfano. Che valore politico hanno questi fatti?
“Quando ci si parla in politica è sempre un fatto positivo. Anche per superare scelte traumatiche del passato. Non v’è dubbio che in Sicilia il modello Milano potrebbe essere sperimentato, facilitato tra l’altro dall’assenza della Lega. Un centrodestra unito, che includa l’area Musumeci, Fratelli d’Italia, Forza Italia, tutta l’area moderata, nel realizzare un accordo programmatico di buona politica e di rinnovamento è certamente in grado di battere il Movimento 5 stelle”.
Il Movimento 5 Stelle? Neanche prende in considerazione il Pd?
“L’avversario da battere non sarà il Pd sarà il Movimento 5 Stelle. L’intero centrodestra unito è maggioranza rispetto al Pd, in crisi sia per divisioni interne sia per il sostegno dato all’attuale governo regionale. L’elettore non distingue il Pd da Crocetta come qualcuno tenta di fare. Il Movimento 5 stelle segna il passo quando deve competere con una coalizione coesa e portatrice di rinnovamento. Una sfida che non dobbiamo perdere.
Scusi, ma come si fa a chiedere il voto ai siciliani contro Crocetta se state al governo con Crocetta?
“La domanda è assolutamente pertinente. Ritengo che da settembre il mio partito, se vuole contribuire all’aggregazione di un’area moderata di centrodestra debba lasciare il governo. Perché soltanto presentandosi con discontinuità rispetto al fallimentare governo regionale di oggi potrà contribuire a portare consensi determinanti. Se si pensa invece di stare al governo ancora a lungo, rischiamo di pagare anche noi i prezzi amari del crocettismo”.
E gli altri nel suo partito come la pensano?
“Io registro in alcuni deputati questa consapevolezza. E mi giungono notizie di un mutamento di sensibilità dovuto a una riflessione comune, che mi auguro si stia sempre più radicando nel partito”.
E nei vostri compagni di cammino dell’Udc?
“All’interno di questo partito, tra l’altro commissariato, si sta sviluppando un dibattito interno estremamente delicato. Ecco perché, per rispetto, mi impongo prudenza. Dico, comunque, che mentre in passato ho sempre sostenuto che l’Udc avesse diritto di sostenere l’attuale governo perché aveva fatto parte della coalizione vincente, ora penso che anche questa formazione politica dovrebbe interrogarsi sull’opportunità di proseguire. Queste elezioni si vinceranno sul principio della forte discontinuità rispetto a Crocetta”.
Resta il punto principale: che ne pensa Alfano?
“Ritengo che l’incontro con Gianfranco Miccichè sia un segnale di disgelo. Conosco la capacità di aggregazione di Miccichè e credo stia facendo un buon lavoro. Ma mi auguro che questo lavoro sia completato dall’area moderata siciliana, che possa scrollarsi di dosso il peso di aver sostenuto un governo incapace di dare risposte ai siciliani. Per vincere occorrerà non soltanto dare vita ad una grande aggregazione di forze politiche, ma anche proporre agli elettori un progetto e un programma di sviluppo che si poggino su una evidente discontinuità. Non si vince più con le somme aritmetiche dei partiti ma con la credibilità”.
Per essere competitivi però servono candidati che abbiano un sapore di rinnovamento, come a Milano, non crede?
“Non vi è dubbio. Per battere i grillini non ci si può ridurre agli ultimi mesi per individuare un candidato. Ma prima una piattaforma programmatica con proposte innovative. Poi, procedendo per tappe, si dovrà individuare il candidato.”.
In questo processo di ricomposizione del centrodestra sembra giocare una parte Totò Cuffaro: Lei di recente ha presentato il suo libro. Che ruolo può avere Cuffaro secondo lei?
“Sono un esempio per tutti la dignità e compostezza con cui ha espiato la sua pena. È consapevole di non potere essere più protagonista attivo della politica avendo perso l’elettorato attivo e passivo, ma verifico che la fiducia e l’affetto della gente nei sui confronti sono rimasti immutati se non addirittura crescenti. Penso possa essere un elemento di saggezza e stimolo per l’aggregazione di un nuovo centrodestra vincente in Sicilia”.
Ma un ruolo attivo di Cuffaro non sarebbe una straordinaria arma di comunicazione per i 5 Stelle contro di voi?
“Le strumentalizzazioni sono sempre dietro l’angolo ma l’esempio con cui Cuffaro ha rispettato la sentenza e il modo in cui anche adesso manifesta le sue idee sono garanzie di equilibrio e rispetto delle regole”.