PALERMO – “E’ giunto il momento di sfatare un luogo comune. Io non sono un alleato di Renzi e del Pd. La Sicilia, poi, è un disastro per colpa di Crocetta e dei suoi alleati. Per Palazzo d’Orleans serve un candidato moderato. Musumeci? E’ troppo di destra”. Saverio Romano si dice “carico”. “Ho ancora 51 anni, mica settanta”, ricorda. E punta dritto alle prossime elezioni, sia a Palermo che alla Regione. “Ferrandelli? È bravo, però…”.
…però per Totò Cuffaro è il candidato sindaco che può battere Orlando. Lei è sempre stato vicino all’ex governatore. La pensa diversamente?
“No, io la penso anche stavolta come Totò. Ma attenzione: lui ha detto che Ferrandelli, per il sentimento che suscita in città, può vincere le elezioni. Non ha detto che sarà in grado di governare bene. E in effetti i primi passi non sono confortanti”.
In che senso?
“Chi si propone già in prima persona, dicendo ‘adesso tocca a me’, e si fa scaricare in poche ore sia dal suo partito, il Pd, che da Micciché, non mi sembra che sia partito bene. Ferrandelli è intelligente ed entusiasta. Ma credo sia mal consigliato, a cominciare dai suoi esperti in comunicazione”.
Torniamo alla Regione. Nei giorni scorsi lei ha attaccato Faraone. Gli ha detto sostanzialmente: “Su Crocetta passi dalle parole ai fatti”.
“La Sicilia è in una condizione drammatica. La vicenda dei rifiuti è esemplare. Qui le risorse diventano problemi. Anzi, in questo caso disastri, proprio per l’incapacità di prevedere una strategia, una visione manageriale. Se Faraone critica Crocetta deve anche far seguire una scelta politica: in giunta tanti assessori fanno riferimento a lui, dalla Contrafatto a Baccei. Questi hanno amplificato le capacità distruttive di Crocetta”.
Ma voi di Ala non eravate alleati del Pd a Roma?
“E’ il momento di sfatare questo luogo comune. Noi abbiamo sostenuto le riforme che credevamo utili per il Paese. E io ho votato contro quelle che non mi convincevano. Da opposizione, seppur responsabile. Del resto, anche nel mio partito sanno bene che in Sicilia il mio Cantiere popolare è da sempre all’opposizione di un presidente del Pd come Crocetta”.
Quindi voi in vista delle prossime regionali vi muoverete in una parte del campo diversa da quella del Pd.
“Sì e ovviamente anche rispetto al Movimento cinque stelle. I grillini sono il ricettacolo di ogni protesta. Molti dei voti che arrivano a loro non sono altro che una versione ‘moderna’ delle corna o degli insulti che si rinvenivano anni fa sulle schede nulle”.
Resta il centrodestra, insomma. O il centro, visto che è di attualità la proposta di Ncd di un polo dei moderati, a sostegno però del Pd.
“E il problema è proprio quello. Anche il Nuovo centrodestra è partito col piede sbagliato. Non si può chiedere di far parte di un progetto nuovo, e allo stesso porre preclusioni e paletti come quello, appunto, del sostegno al Pd”.
Centro sì, ma che guardi a destra allora. Ci siamo?
“Le posso dire che sto apprezzando molto la posizione di Cesa che ha commissariato l’Udc e sta chiedendo agli assessori di lasciare il governo Crocetta”.
Anche Gianfranco Micciché ultimamente sembra impegnato in questo lavoro di (ri)costruzione del centrodestra. Che ne pensa?
“Devo dire che nell’ultimo periodo ci sentiamo spesso. E che condivido molte delle ultime analisi di Gianfranco. In particolare, quando parla della necessità di rimettere in piedi prima una coalizione attorno a un progetto comune. Poi si parlerà di eventuali candidati”.
Ma una idea generale, un ipotetico identikit lei lo ha in mente, immagino.
“Certamente serve un nome in grado di allargare il perimetro del centrodestra e coinvolgere più energie possibili. Io ho proposto due metodi per sceglierlo: quello usato da Confindustria dove dei saggi propongono una rosa di nomi, o le primarie tra candidati che abbiano deciso di aderire a un manifesto politico che ciascun aspirante governatore si impegna a rispettare”.
Qualcuno giorni fa ha fatto il nome di Renato Schifani. Lei come giudica intanto la rottura dell’ex presidente del Senato con Alfano?
“Schifani ha pensato che Ncd fosse ormai troppo sbilanciato sul Pd. Soprattutto in Sicilia dove l’alleanza con Crocetta non aveva alcun senso. Il suo è stato un gesto di grande serietà, in un periodo nel quale nessuno lascia una poltrona”.
Anche lei, mi pare di capire, così come Cuffaro pensa quindi che serva un candidato centrista, moderato per la guida della Regione.
“Credo certamente che serva un nome in grado di recuperare quei moderati che negli ultimi anni hanno deciso di astenersi o, peggio, si sono rifugiati nel Pd. Solo un candidato in grado di dialogare con tutti può farcela. Non credo che possa avere successo una candidatura più estrema o troppo di destra”.
Quindi Nello Musumeci per lei non sarebbe un buon candidato.
“Quando il centrodestra ha candidato Musumeci eravamo, si può dire, in un’altra epoca. Adesso il centrodestra ha bisogno di altro”.
Con tutto il rispetto, però, rivedere i nomi di Romano, Schifani e Micciché ci riporta molti anni addietro. È possibile che il centrodestra non sia capace di rinnovare la propria classe dirigente? E perché i siciliani dovrebbero votare voi? In fondo, i governi sostenuti dai vostri partiti non è che abbiano lasciato la Sicilia in grande salute…
“Io invece non solo non mi pento di quelle stagioni, ma le rivendico come anni di successi. Mi riferisco in particolare alla stagione tra il 2001 e il 2006. Quella del primo Cuffaro e di Cammarata. Quando le cose funzionavano davvero. Io ripartirei proprio da lì. Se non si è riusciti a costruire nuova classe dirigente è perché il centrodestra è entrato in crisi e ha dato vita a una diaspora. E comunque, io in Sicilia non ho mai amministrato”.
E punta invece ad amministrare Palermo. Conferma?
“Ci sto pensando seriamente. Deciderò entro la prima decade di ottobre. Serve un candidato in grado di battere Orlando che è sempre forte per la sua capacità di stare costantemente sul palcoscenico. Intanto però sto lavorando a un programma che potrò mettere nelle mani di chi pensa di avere più energie da spendere. Ferrandelli? È bravo, ma è partito male. Gli uomini soli al comando non servono più. Lo dimostra il fallimento di Crocetta”.