PALERMO – Hanno dichiarato di essere titolari di terreni che non appartenevano a loro. E che in qualche caso, sarebbero stati dati loro in affitto addirittura da persone defunte molti anni prima. Tutto per ottenere i finanziamenti dell’Unione europea per l’agricoltura. Soldi che l’Europa “gira” all’Agea, agenzia nazionale per le erogazioni, e che questo ente a sua volta trasferisce agli imprenditori agricoli che ne fanno richiesta. Alcuni di questi sono stati condannati dalla Corte dei conti: una pioggia di sentenze, dietro le quali potrebbe nascondersi un business enorme.
Il finanziamento, in questi casi, è proporzionale all’estensione del terreno. Agli “ettari ammissibili”, per la precisione, ossia a “qualunque superficie agricola dell’azienda investita a seminativi o a pascolo permanente”. Ma per chiedere il finanziamento, bisogna appunto avere i titoli. “L’erogazione dei contributi – si legge in una delle sentenze ‘gemelle’ – è subordinata alla sussistenza di un titolo giuridicamente idoneo e debitamente documentabile che nattribuisca al coltivatore/allevatore la disponibilità della superficie. Tale disponibilità dei terreni, sulla cui estensione sono anche commisurati gli aiuti comunitari, deve essere, dunque, “titolata”, non essendo sufficiente una mera relazione di fatto che può concretizzarsi addirittura nell’usurpazione di terreni altrui, in quanto una tale condotta può essere contrastata sia civilmente che penalmente”.
E il problema starebbe proprio lì. In pochi giorni, infatti, la Corte dei conti ha condannato alcuni imprenditori agricoli per oltre 120 mila euro di danno all’erario. E il problema sta proprio lì, nella “titolarità” dei terreni che hanno dato origine al finanziamento. Nel caso di Sebastiano Destro, ad esempio, condannato alla restituzione di oltre 31 mila euro, la Guardia di finanza ha “accertato la falsità di una gran parte di contratti aventi ad oggetto fondi rustici”. Fondi compresi nel territorio della provincia messinese, tra Tortorici, Centuripe e Foresta, sui quali Destro aveva dichiarato di svolgere “la propria attività agricola”. Peccato che in qualche caso, i proprietari di quei terreni non solo avessero dichiarato di non aver mai firmato alcun contratto di affitto o comodato d’uso, ma in qualche caso di non aver “mai conosciuto il signor Destro”. In altri casi, i presunti proprietari dei terreni “sono risultati deceduti molti anni prima della stipula dei contratti stessi”.
Più o meno lo stesso meccanismo sarebbe stato messo in atto dall’imprenditrice Maria Campagna. I carabinieri, in questo caso, hanno “accertato che l’imprenditrice agricola dichiarava, allegando falsi contratti di affitto alle domande di pagamento, di avere nella propria disponibilità giuridica una superficie aziendale maggiore che includeva diversi appezzamenti di terreno appartenenti, in realtà, a terzi inconsapevoli (alcuni financo deceduti)”. In questo caso, secondo la Corte dei conti, il danno erariale è quantificabile in quasi 36 mila euro.
Aveva compreso, nella superficie “ammissibile” a finanziamento, quattro ettari che appartenevano, invece, all’Anas, l’imprenditore Antonio Napoli che ha giustificato il possesso di quel terreno “in base ad un contratto unilaterale d’affitto, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Enna in data 1 luglio 2009”. Un affitto che sarebbe stato stipulato, però, nel 2009 da persone alle quali, a dire il vero, il Demanio aveva espropriato i terreni già nel 1977: per questi quattro ettari in più, Napoli dovrà restituire quasi 4 mila euro.
Un’altra imprenditrice agricola, Nunziata Ripano, ha invece dichiarato, tra i terreni nella sua diponibilità e per i quali ottenere un finanziamento, anche quelli di proprietà del Comune di Centuripe “che invece – scrivono i giudici contabili – il Comune non le aveva mai concesso”. Il danno stavolta è di circa 11.400 euro. Quattro volte tanto dovrà invece restitutire Calogero Destro. E il meccanismo sanzionato dalla Corte dei conti è sempre quello: secondo i giudici, l’imprenditore ha “scientemente dichiarato, contrariamente alla situazione reale, la legittima disponibilità di terreni inseriti nelle domande uniche di pagamento al fine di ottenere benefici economici per i quali, altrimenti, non avrebbe avuto diritto”. In questo caso, i terreni erano di proprietà del Comune di Tortorici. Il danno è di 43 mila euro circa. Ma dietro queste condanne, quasi certamente un business milionario.