SIRACUSA – Una escalation di condotte moleste culminata poi nell’aggressione finale che ha portato alla morte della vittima. E’ lo scenario descritto da inquirenti e investigatori di Siracusa che stanno cercando di fare luce sui responsabili della morte di Giuseppe Scarso, l’anziano morto dopo 75 giorni di agonia perchè bruciato vivo nella sua abitazione. Il quadro è stato tracciato nel corso di una conferenza stampa. Presenti il procuratore Francesco Paolo Giordano; il sostituto Andrea Palmieri; il questore di Siracusa, Mario Caggegi; il capo della Mobile, Rosalba Stramandino e il suo vice Rosario Scalisi. “Nonostante un dato di partenza difficilissimo – ha riassunto Giordano –, con nessuna indicazione su possibili moventi, riteniamo di aver ricostruito in gran parte quello che è successo”.
Descritta un’indagine “di tipo classico”, che ha utilizzato intercettazioni, strumentazioni “tecniche e ipertecniche”, apparati di videosorveglianza. “Senza fretta nonostante le pressioni”, ha aggiunto il pm Andrea Palmieri, che dell’indagine ha sottolineato “tenacia, sinergia e impegno serio”. Secondo la ricostruzione fatta da Stramandino, l’aggressione che ha poi portato alla morte – dopo 75 giorni di agonia all’ospedale Cannizzaro di Catania – l’ottantenne Giuseppe “don Pippo” Scarso, è stata l’ultima di una escalation di condotte moleste. Secondo gli investigatori “già il 28 settembre Tranchina (il diciottenne in carcere, ndr) e altri due giovani si erano avvicinati alla casa di Scarso e avevano gettato all’interno sterpaglie cercando di appiccare il fuoco, dando alle fiamme il portone d’ingresso”. Secondo episodio due giorni dopo, il 30 settembre, quando gli stessi giovani avevano molestato l’anziano gettandogli dell’alcol sui gradini della porta di casa: le fiamme avevano raggiunto l’anziano al volto provocandogli delle ustioni. “Infine – hanno concluso gli investigatori – Tranchina e un altro giovane la notte tra l’uno e il due ottobre si erano nuovamente introdotti nell’abitazione e dopo aver dato alle fiamme Scarso erano fuggiti”.
Intanto, si va verso una richiesta di estradizione per il secondo giovane, già raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere, che avrebbe partecipato all’aggressione che ha causato la morte dell’anziano la notte tra l’1 e il 2 ottobre. Il giovane sarebbe responsabile dell’aggressione insieme con il diciottenne da sei giorni in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario in concorso. Gli inquirenti lo avrebbero individuato all’estero. La svolta, in questa indagine che gli inquirenti hanno definito “difficile” per l’estraneità dei soggetti coinvolti con gli ambienti classici della criminalità e la scarsa collaborazione dei cittadini, l’indicazione del terzo indagato (che non avrebbe partecipato all’aggressione mortale) e di un quarto teste estraneo ai fatti: entrambi avrebbero raccolto le confidenze dei due accusati. Nessun movente finora. Gli inquirenti si sono imbattuti su un vuoto attorno alle ragioni del gesto contro l’anziano. Il diciottenne Andrea Tranchina, in carcere da sabato scorso, avrebbe fatto nel frattempo “ammissioni importanti ma non integrali”.
Le nitide immagini registrate da alcuni strumenti di videosorveglianza la prima sera, quando i giovani erano in tre, sarebbero state determinanti soprattutto per risalire al terzo ragazzo, assente la terza sera, ma che si sarebbe rivelato fondamentale ai fini della svolta investigativa. Insieme a una quarto teste avrebbe raccolto le confidenze dei due giovani che ora sono accusati di omicidio in concorso. Per il diciottenne Tranchina, già in carcere, e il 19enne irreperibile all’estero, il gip Carmen Scapellato ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere: sono accusati di omicidio volontario. Per il terzo giovane ci sono solo le accuse per le condotte moleste delle prime due sere.