La normalità da queste parti è diventata un sogno. Qui a Trapani, nella punta occidentale della Sicilia, non c’è più un sindaco, non c’è un consiglio comunale, non c’è un presidente della Provincia. Ci sono in compenso i poteri sfuggenti, quelli che aleggiano come spettri, e poi i problemi e le ferite. E soprattutto le occasioni mancate di una città che da un giorno all’altro si è scoperta bella ma che ancora non ha ben capito cosa farsene di questa bellezza.
Per farsene un’idea imboccate il lungomare partendo da piazzetta Mercato del pesce. Un chilometro, anche due, di spiaggia e passeggiata sul mare, roba da immaginare una piccola Promenade des Anglais, tutto a quattro passi quattro dal centro storico. Ebbene, dopo il primo ristorante che troverete alla vostra destra, sfilerà sotto i vostri occhi una teoria di palazzoni destinati al pubblico: il Comune, una scuola elementare, la questura, le Poste, la polizia stradale, la Finanza, altre scuole, il punto di raccolta dell’isola ecologica (!), l’università, campi sportivi per lo più inagibili. Uno spettacolo surreale: non c’è niente che sa di turismo. “Il nostro candidato Savona nel suo programma voleva rendere quegli edifici disponibili con un piano di massiccia riqualificazione del lungomare”, ricorda Francesco Brillante, segretario del Pd di Trapani. Ma Savona, nell’elezione più pazza del mondo non ce l’ha fatta. Qualcuno ha fatto saltare il tavolo e adesso a Trapani c’è un commissario governativo, l’ex procuratore capo di Palermo Francesco Messineo (lui lo definisce “un percorso insolito”), che deve vedersela con le mille emergenze della città.
Il lungomare, si diceva. È una delle due facce di Trapani, che si allunga come la punta di una freccia sul mare. Dall’altro lato c’è il porto e quella parte di città che ha cambiato volto in occasione della Louis Vuitton Cup, con quello che fu l’ultimo – e forse l’unico in molti decenni – intervento urbanistico di rilievo in città. Un affare milionario che ebbe un immancabile strascico giudiziario che riguardò gli appetitosi appalti.
Altri tempi. Quelli in cui brillava la stella dei due politici che fino all’altroieri qui si sono contesi il primato, prima che i magistrati palermitani rovinassero la festa a entrambi. Uno è Tonino D’Alì, che qui chiamano semplicemente “il Senatore” e che a Trapani rappresenta l’incarnazione stessa del Potere. Quello eterno, che si tramanda di generazione in generazione, insieme ai titoli e ai patrimoni. Rampollo della nobile e munifica famiglia trapanese, D’Alì ha fatto il bello e il cattivo tempo da queste parti. In Forza Italia qui non si muove foglia che lui non voglia. Basti pensare a come Gianfranco Miccichè ha forzato ogni protocollo investendo da assessore in pectore il suo pupillo Giuseppe Guaiana, senza passare dal placet del candidato Nello Musumeci.
D’Alì ha tentato la corsa a sindaco alle ultime amministrative. Ma sul più bello per lui è arrivata la richiesta di soggiorno obbligato della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Che era uscita sconfitta nel processo per concorso esterno in mafia imbastito con accuse all’ex sottosegretario, assolto in appello un anno fa per la contestazione di fatti avvenuti dopo il 1994. Non paghi, i pm palermitani hanno richiesto il soggiorno obbligato sostenendo che i rapporti tra l’ex sottosegretario all’Interno e la famiglia mafiosa dei Messina Denaro (campieri della famiglia D’Alì a Castelvetrano secondo un collaboratore di giustizia) sono alla base della “pericolosità sociale” di D’Alì. “La persecuzione giudiziaria continua. Due volte assolto e nuovamente aggredito”, commentò a quel punto il Senatore, sottolineando il timing del provvedimento: “Ieri, dopo appena un’ora dalla chiusura della presentazione della mia candidatura e delle liste per l’elezione a sindaco di Trapani, con tempistica cadenzata in maniera da precludere ogni alternativa”.
Nelle stesse ore, però, sempre a Palermo scoppiava l’altra bomba giudiziaria, con l’inchiesta che ha al centro l’armatore Ettore Morace. La famiglia campana è diventata negli anni un pezzo pregiato dell’economia trapanese, con i suoi traghetti e anche con i successi del Trapani calcio. La Liberty Lines però è finita al centro delle attenzioni dei pm palermitani in un’indagine che ha travolto Mimmo Fazio, già popolarissimo sindaco, che cercava a questa tornata di tornare a Palazzo D’Alì (sì, quei D’Alì), sede del Municipio.
L’accusa ha contestato a Fazio, che è stato sottoposto a misura cautelare, assunzioni di persone segnalate alla Ustica Lines poi Liberty Lines, l’uso di una Mercedes, fondi utilizzati per la campagna elettorale, biglietti per lo stadio e per le navi per le isole minori, lavori di ristrutturazione in casa. “Favori” che nell’ipotesi della procura (l’indagine è partita a Palermo ma ora, per questo troncone, si è spostata a Trapani) sarebbero stati assicurati a Fazio da Morace in cambio di un suo impegno a Palazzo a favore della causa aziendale e dei suoi buoni affari. Accuse che Fazio ha respinto, spiegando che si trattava solo di rapporti cordiali, senza alcun patto corruttivo.
L’inchiesta, ora nelle mani della procura guidata da qualche mese da Alfredo Morvillo, è nelle sue fasi conclusive e se ne capirà di più presto. Intanto, il terremoto che ha travolto le elezioni, con Fazio che si è ritirato al ballottaggio e le elezioni saltate per la bassa affluenza, ha portato al commissariamento.
È anche questa la storia del potere a Trapani. Una città in cui altri poteri si muovono, da sempre. Quando pronunci la parola “potere” qui, quasi per un riflesso pavloviano tutti evocano la massoneria. “Un potere invisibile e radicato: lo percepisci ma non lo vedi”, dice il senatore dei 5 Stelle Vincenzo Santangelo. La procura negli ultimi anni ha incrociato il tema dei grembiulini in alcune inchieste. La fotografia emersa è quella, nota peraltro, di un territorio ad altissima densità massonica: quasi cinquecento iscritti tra banchieri, funzionari pubblici, imprenditori, politici, distribuiti in 19 logge in provincia, sei sono attive soltanto a Castelvetrano, la città di Matteo Messina Denaro.
Già, Messina Denaro. Il fantasma aleggia sempre nelle cronache giudiziarie. Anche se nessuno sa dove sia, anzi, qualcuno non crede nemmeno più alla sua esistenza in vita. La mafia a Trapani città ha una lunga storia di infiltrazione nel tessuto economico, poco sangue e molti affari. Anche per questo la sua visibilità è ridotta rispetto ad altre zone della Sicilia.
E allora resta il potere che si vede resta soprattutto la politica, visto che diversamente dalla provincia, più vivace, in città l’economia langue. E la politica qui, come del resto altrove, patisce il problema del mancato ricambio, di quella sorta di immutabilità che vede sulla breccia personaggi eterni. Come il salemitano Pino Giammarinaro, “Sua Sanità”, già pezzo grosso della Dc, poi incappato in diverse vicissitudini giudiziarie, che pur lontano dai riflettori raccontano ha ancora un suo peso e diversi uomini di riferimento in gangli strategici come la Sanità. Poi, oltre ai già citati D’Alì e Fazio, ci sono Mimmo Turano, ex presidente della Provincia, leader dell’Udc di Cesa schierato con Musumeci a queste elezioni, e Baldo Gucciardi, unico big non ascrivibile al centrodestra, che qui impera. L’assessore alla Salute del Pd, “potentissimo” come di lui diceva uno degli intercettati nell’inchiesta su Morace, si ricandida a questo giro con una spinta ancora più forte dal mondo della Sanità da cui professionalmente proviene. In perfetta sintonia con lui, fanno notare i cronisti cittadini, è Giovanni Bavetta, commissario della locale Asp.
Per scorgere un altro luogo del potere bisogna uscire dalla città e percorrere pochi chilometri fino a Birgi. Lì, l’aeroporto che negli ultimi anni ha vissuto soprattutto di Ryanair rappresenta non solo una grande occasione di sviluppo ma anche di esercizio del potere. Tanto che da queste parti ricordando i tempi andati si parla di assumificio aeroportuale. Oggi la musica è cambiata, Ryanair ha ridotto drasticamente i voli e si sta cercando di rimediare garantendo al vettore irlandese la pubblicità che sostiene economicamente la compagnia. La società di gestione Airgest ha come socio di maggioranza la Regione, il socio privato è Corporacion America, gli argentini di Eduardo Eurnekian che hanno già gli scali di Pisa e Firenze. Presidente è Franco Giudice, vicepresidente Paolo Angius, in rappresentanza dei privati. Nel cda Crocetta ha piazzato, tra le proteste della politica, Daniela Virgilio, ritenuta politicamente vicina a Beppe Lumia.
Le sorti dello scalo di Birgi sono ancora avvolte dalla foschia. La Regione deve ricapitalizzare, ma al momento ha versato solo una piccola parte dei cinque milioni deliberati. I Comuni dal canto loro non hanno ancora aderito al patto di co-marketing, investendo le somme che servono per “tenere” Ryanair. Risultato: sul sito del vettore irlandese i voli da Birgi per quest’estate non ci sono. Giuseppe Pace, presidente della Camera di commercio (che tra qualche mese si accorperà con quelle di Agrigento e Caltanissetta) ostenta ottimismo: “La via d’uscita è il bando già pronto che apre anche ad altre compagnie”, dice. Di certo c’è solo che tra qualche giorno lo scalo chiuderà per un mese buono per lavori.
In compenso c’è il treno. Per arrivare a Palermo da qui (107 chilometri la distanza “teorica”) ci vogliono cinque ore, perché tocca fare il giro largo da Marsala e Mazara. Per andare da Roma a Milano, 600 chilometri, bastano tre ore.
Il quaderno delle doglianze non si esaurisce qui. Francesco Messineo nel suo ufficio le enumera una per una. C’è anzi tutto il problema dei rifiuti. Raccolta e conferimento qui sono gestiti da una municipalizzata, Trapani Servizi, guidata da Carlo Guarnotta. Il problema del momento riguarda la discarica di Borranea, che serve anche altri comuni della zona. Si è riempita fino all’orlo e così da qualche giorno, spiega Messineo, tocca portare lì i rifiuti, pre-trattarli, e poi spedirli alla discarica di Siculiana. Un bel gioco dell’oca della munnizza, con i suoi costi, in attesa che svenga ampliato l’impianto trapanese. Altro tasto dolente è quello relativo a reti idriche e fognarie. Si rompono sempre, sintetizza Messineo. L’ultimo guasto importante proprio in questi giorni all’ingresso della città.
Insomma, Trapani soffre. Un po’ dappertutto. Soffre persino la Chiesa, scossa dallo scandalo dell’ex vescovo Francesco Miccichè, rimosso dall’incarico dalla Santa Sede e alle prese con le accuse di appropriazione indebita e malversazione rivolte dai pm. L’ultima accusa riguarda un attico romano a piazza Barberini che sarebbe stato acquistato con soldi destinati in origine ai bambini malati. Accuse infamanti che il prelato ha sempre respinto parlando di “mafia ecclesiastica” contro di lui.
Scandali su scandali. Anche dalle parti dell’antimafia. È finito nei giorni scorsi ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta palermitana sul re dei detersivi Ferdico Luigi Miserendino, stimato curatore giudiziario da anni molto presente anche a Trapani: per affidamenti di sequestri di mafia è da tempo un significativo riferimento per le toghe.
Scandali anche sul fronte immigrazione. Un grande business, qui come altrove. “E’ resuscitato persino il mercato immobiliare. C’è razzìa di vecchi fabbricati, soprattutto nelle campagne. Li comprano in contanti per trasformarli in residence, in bed and breakfast, in villette plurifamiliari o in un qualunque altro tipo di locale sotto il cui tetto possa trovare ricovero l’ultimo carico venuto dal mare”, scriveva un anno fa Attilio Bolzoni su Repubblica. Lo spunto lo diede un’inchiesta giudiziaria che si appuntò sui “cartelli” attivi nell’ambito dell’accoglienza, lambendo anche vecchie conoscenze della politica locale.
Un papello di guasti, raccontato dall’informazione locale, che qui è quella più istituzionale del Giornale di Sicilia ma anche delle vivaci testate locali, come il periodico “Social” di Vito manca e il quotidiano free press “Il locale” diretto da Nicola Baldarotta, a cui si aggiungono vari siti di informazione. E poi c’è “la” tv di Trapani, Telesud, presieduta da Massimo Marino e seguitissima in città.
Il sopracitato elenco di dolori impone un esercizio d’ottimismo per guardare al futuro. Partendo da quello che si può salvare. “Qui ho percepito una grande buona volontà di tutti – dice Messineo -. Ho trovato molta civiltà nel tessuto trapanese”. Le buone notizie arrivano dal turismo. “C’è un risveglio importante, un’esplosione di B6B”, osserva l’ex procuratore. C’è un centro storico, bellissimo, che si è risvegliato. Bisogna riprendersi il mare, come si è fatto per il porto. E tornare alla normalità, con istituzioni locali non commissariate. Se ne parlerà l’anno prossimo.
(3 – segue)
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