PALERMO – Un “facilitatore” di potere, un problem solver al servizio di grandi aziende. Piero Amara, siracusano di 48 anni, secondo l’accusa, è molto più di un avvocato. Giocava sporco per aiutare i propri clienti. Aveva costruito una rete di relazioni che oggi le Procure di Messina e Roma azzerano con un blitz. Tra gli indagati anche il notaio ed ex deputato regionale siciliano Giambattista Coltraro.
Stavolta non è un’esagerazione perché l’inchiesta partita dal messinese è davvero un terremoto. In carcere finiscono quindici persone tra cui un pubblico ministero in servizio a Siracusa e due avvocati. Arresti domiciliari per professionisti, imprenditori e giornalisti. Il lavoro della Procura messinese, guidata da Maurizio De Lucia, è solo il fronte siciliano di un grande intrigo e di una una spy story: Amara sarebbe il perno di un sistema di relazioni tra magistrati compiacenti e imprenditori che hanno ottenuto importanti commesse pubbliche.
Tutto è partito da un esposto firmato da alcuni colleghi del pubblico ministero Giancarlo Longo. In otto hanno denunciato gli strani intrecci di interesse degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. E così la Procura ha autorizzato i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, oggi nucleo di Polizia economica, a piazzare microspie e telecamere dentro gli uffici giudiziari siracusani. Longo si accorse pure della telecamera ed è stato immortalato mentre tenta di levarla.
Amara, Calafiore e Longo sarebbero i promotori di un’associazione a delinquere. Longo, che nel frattempo è stato trasferito a Napoli, si auto assegnava delle inchieste con il solo scopo di acquisire informazioni sulle indagini svolte dai colleghi. A volte avrebbe aperto dei fascicoli riempendoli con prove e consulenze false con il solo obiettivo di smentire altre indagini che coinvolgevano i clienti dei due legali. Agli altri magistrati dell’ufficio veniva sussurrata la voce che era meglio stare in silenzio perché c’era un’operazione di dossieraggio nei loro confronti. E se qualcuno non si piegava sarebbe stato screditato con articoli di stampa grazie alla penna “compiacente” del giornalista Giuseppe Guastella, firma del periodico “Il Diario”. Non solo, le consulenze costruire su misura nei fascicoli penali venivano poi usate da Amara e Calafiore in altri procedimenti amministrativi e civili. Infine c’erano le pressioni esercitate ai danni dei pubblici funzionari coinvolti nei procedimenti amministrativi che interessavano i clienti dei legali e la schiera di professionisti che si sarebbero prestati al gioco sporco delle consulenze su misura che servivano in altri procedimenti.
Dalla costruzione del centro commerciale Fiera del Sud del Gruppo Frontino all’ampliamento della discarica gestita dalla Cisma Ambiente: sono tanti i casi su cui si indaga.
In carcere finiscono Piero Amara, Giuseppe Calafiore, Giancarlo Longo e Alessandro Ferraro.
Arresti domiciliari per Giuseppe Guastella, Davide Venezia, Fabrizio Centofanti, Mauro Verace, Salvatore Maria Pace, Vincenzo Naso, Francesco Perricone, Sebastiano Miano, Ezio Bigotti e Luciano Caruso. Indagati anche Gianluca De Michele e Francesco Perricone.
Ci sono altre Procure – Milano e Palermo – che continuano a indagare su Amara. Le vicende si intrecciano con le indagini messinesi. Si parla di sentenze pilotate al Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia e al Consiglio di Stato a Roma. Sarebbero state pagata tangenti a magistrati per pilotare sentenze e arbitrati. A Palermo, invece, nel maggio scorso il giudice per le indagini preliminari ha respinto una richiesta di archiviazione e imposto nuove indagini sul caso delle elezioni regionali suppletive nel Siracusano. È saltato fuori il nome di Raffaele De Lipsis, ex presidente del Cga, oggi in pensione, già finito sotto accusa nello scandalo Ustica Lines perché avrebbe cercato di convincere il suo successore, Claudio Zucchelli, ad accogliere un ricorso dell’armatore Ettore Morace. De Lipsis presiedeva il collegio del Cga che nel 2014 invalidò il voto nelle sezioni elettorali di Rosolini e Pachino dove erano scomparse alcune schede. Si tornò alle urne.
Un filone investigativo si collega all’indagine su Consip che coinvolge anche il padre dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Nel corso dell’inchiesta sono emersi rapporti tra gli avvocati Amara e Calafiore, e l’ex presidente del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio (ora indagato, è stata respinta la richiesta di misura cautelare non detentiva). Virgilio per anni è stato alla guida del Consiglio di giustizia amministrativo della Sicilia. Una decisione del Cga diede ragione alla Sai8, società che gestiva il servizio idrico, nel ricorso contro l’amministrazione comunale che chiedeva la revoca del contratto. Presidente del collegio era Virgilio, avvocato della Sai8 era Amara.
E poi c’è il depistaggio nel caso Eni. A Milano ipotizzano che Amara e Ferraro abbiano costruito un falso dossier sull’esistenza di un complotto contro l’Eni. Un imbroglio costruito con esposti anonimi e con le dichiarazioni di un tecnico su cui Longo aprì un’inchiesta. L’obiettivo sarebbe stato quello di accreditare la teoria del complotto contro l’amministratore Claudio De Scalzi per cercare di sgonfiare l’inchiesta milanese sull’Ente per alcune presunte tangenti milionarie versate in Nigeria.
*Aggiornamento ore 15.16
“Come difensore di Giancarlo Longo mi spiace dovere rilevare che mentre l’agenzia Ansa era nelle condizioni di diffondere la notizia degli arresti, dando contezza di particolari contenuti nell’ordinanza custodiale emessa dai Gip di Roma e di Messina, al sottoscritto difensore non solo non è stato ancora notificato il detto provvedimento ma addirittura la cancelleria dell’Ufficio Gip non mi ha potuto mettere a disposizione gli atti ostensibili in quanto (almeno fino alle ore 13,00) non vi era prova dell’integrale esecuzione dell’ordinanza”. Lo rende noto l’avvocato Candido Bonaventura, legale dell’ex pm Giancarlo Longo, arrestato per corruzione. “E’ disarmante constatare che ancora una volta l’opinione pubblica – aggiunge – venga informata prima del difensore e che, a distanza di diverse ore dall’arresto del mio assistito, io non sia ancora nelle condizioni di svolgere alcuna attività difensiva. Nel merito intendo da subito evidenziare la sproporzione della misura – prosegue – tenuto anche conto che il mio assistito, da diversi mesi, è stato trasferito a Napoli (sezione distaccata di Ischia) dove svolge funzioni non più di pm, bensì di giudice civile. L’ordinanza non può, quindi, non essere carente dei requisiti di attualità e pericolo di reiterazione di reati. Non appena avrò contezza degli atti – annuncia – farò certamente ricorso al Tribunale del riesame ma voglio anche evidenziare che il mio assistito, pochi giorni fa ha presentato alla Procura di Messina due corpose e circostanziate denunzie sui fatti oggetto del procedimento in questione che, a mio giudizio, avrebbero dovuto essere approfondite prima di chiedere e disporre la misura. Certamente nell’interrogatorio di garanzia il dott. Longo offrirà alla valutazione del Gip trancianti elementi a propria difesa e approfondirà i temi delle citate denunzie e da ciò non potrà che emergere una ben diversa ricostruzione degli accadimenti oggetto di contestazione”, conclude il legale.
Inoltre, l’avvocato siracusano Giuseppe Calafiore, raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari ha lasciato l’Italia ieri in direzione Dubai. La notizia emerge da fonti giudiziarie a poche ore dall’operazione che ho portato alla richiesta di arresto di 15 persone. Nel corso degli accertamenti, inoltre, è emerso come parte degli indagati, in particolare quelli che operavano a Siracusa,sapessero in anticipo che la Procura di Roma avrebbe fatto scattare il 24 marzo dell’anno scorso una serie di intercettazioni poi attivate nel mese di aprile. Gli inquirenti indagando su un magistrato del Consiglio di Stato della Sicilia e su uno della Corte dei Conti, hanno scoperto che i due sono stati ricevuti un giorno dall’avvocato Pietro Amara presso il suo studio. Quest’ultimo li ha avvisati che le loro utenze erano sotto intercettazione. Infine proprio oggi è stato perquisito un dipendete del ministero dell’Economia che secondo quanto emerge in un’intercettazione si era adoperato per informare l’imprenditore Ezio Bigotti che l’Antitrust aveva acceso un faro su una sua società in corsa per gli appalti in Consip. Lo stesso dipendente comunque si sarebbe mosso per sapere se la Procura aveva avviato indagini.