PALERMO – “Siamo una squadra fortissimi”. Fabio Giambrone chiude il suo intervento con un sorriso, dopo aver ripercorso le tappe che lo hanno portato all’adesione nel Pd. Faccia nuova, tra le altre. Alcune sedute in prima fila, come la new entry Dore Misuraca, al fianco di Carlo Vizzini. C’è un filo di centrodestra a legare i due.
Giambrone ringrazia Leoluca Orlando e Davide Faraone, che pochi minuti dopo avrebbero ricambiato la cortesia, sottolineando la generosità del candidato che ha nel frattempo deciso di lasciare il vertice di Gesap, la società che gestisce l’aeroporto di Palermo. “La mia candidatura – spiega – vuole essere anche una candidatura che rappresenta il governo di questa città, di quello che abbiamo fatto in questi anni con impegno, con i nostri sforzi e anche con i nostri limiti. Il Pd era la nostra casa naturale ed era naturale che ne entrassimo a far parte. L’abbiamo fatto con grande convinzione perché col Pd metteremo al centro la dimensione etica, un’opera di moralizzazione contro il populismo della destra”,
In platea fanno capolino alcuni big Dem come Giuseppe Lupo, oltre agli altri candidati palermitani: c’è Carmelo Miceli e Teresa Piccione, c’è Milena Gentile e Silvio Moncada. Ma il candidato più atteso, insieme a Giambrone, sta sul palco. Maria Elena Boschi siede tra Davide Faraone e Leoluca Orlando. Lo stesso ordine verrà seguito negli interventi.
Faraone, in particolare, la butta sul sorriso. Anche, probabilmente, per suggerire a chi osserva l’idea di un clima amichevole, tra chi era stato nemico e rivale e non se le era mandate a dire. Il sindaco di Palermo, che Faraone bollò come uomo politico della preistoria oggi viene indicato come l’uomo del rinnovamento. “Leoluca”, lo chiama Davide. “Davide” lo chiamerà Leoluca.
E il clima gioviale ovviamente coinvolge anche Giambrone: “Stamattina – racconta Faraone – mi sono svegliato con un suo messaggio: lui alle 4 è già sveglio e alle 6 è già per strada… mi ha chiesto se avrei messo la cravatta. Sono stato tentato di dirgli di no e poi indossarla”. Uno scherzetto, poi rimandato ad altra circostanza: “La cravatta la lasciamo mettere solo a Leoluca”, mentre sul palco si sta in giacca e camicia, perché quella è una riunione tra amici, mica un comizio.
Di sicuro, c’è la nascita di un amore. Per certi versi imprevedibile, dopo le già citate dichiarazioni di Faraone e del coordinatore provinciale del Pd Carmelo Miceli, assai vicino al segretario, nei confronti del sindaco e le non troppo antiche reazioni di Orlando di fronte a chi osò accostarlo al Pd. Era il giorno della vittoria. Alle ultime amministrative. Lì il Pd c’era e non c’era. C’era con gli uomini, ma senza il “marchio”.
E Faraone la racconta così: “Ricordo quando Leoluca ci chiese di togliere il simbolo alle amministrative. Ci dicevano che avremmo solo dato, senza avere nulla. Questa giornata dimostra che quella è stata una intuizione corretta. Il Pd grazie alla leadership di Renzi – ha proseguito – è diventata una casa accogliente dove i cittadini potevano dire la propria. Abbiamo fatto degli errori? Chi governa fa errori, soprattutto se decide di decidere, ma abbiamo consentito che il Paese si rimettesse a correre”.
Non mancano, poi, le stoccate agli avversari: “Qualcuno poco tempo fa temeva la vittoria in Francia della Le Pen: le stesse persone oggi sembrano non vedere i rischi di un governo con Salvini o del M5s, che sono peggio della Le Pen. Quella è una prospettiva terribile. Avremo tempo per discutere tra di noi, ma al momento i nemici sono altri. Dobbiamo agire come se queste fossero elezioni amministrative. Contattiamo i cittadini uno per uno, spiegando quanto il governo nazionale sia stato importante per questa città guidata da un sindaco straordinario che ha fatto benissimo”. Un sindaco straordinario che ha fatto benissimo. Faraone ha cambiato idea. Ma dando un’occhiata alle poltrone del Teatro di Santa Cecilia, nel cuore di Palermo, è certamente in buona compagnia.
Tocca quindi a Maria Elena Boschi, pluricapolista in una Sicilia così lontana da Bolzano, dove invece si gioca l’elezione nel collegio uninominale. “Tutte le campagne elettorali – ha detto – si decidono negli ultimi quindici giorni. In questo caso ancora di più visto che ci sono 4 milioni di italiani ancora indecisi persino se andare o meno a votare. Se ci impegniamo andando casa per casa saremo il primo partito d’Italia. Le discussioni interne al nostro partito? Vanno messe da parte, perché abbiamo avversari comuni che sono Di Maio, Salvini e Berlusconi”. Polemiche nate dopo la formazione delle liste per le politiche, soprattutto: “Il Pd nelle liste – ha spiegato Boschi – ha voluto fare un mix tra la gente che rappresenta il territorio e chi ha avuto responsabilità nel partito. Serve – ha aggiunto – grinta come quella che Orlando e Giambrone hanno già dimostrato in passato. E qui nel Pd devono sentirsi accolti. Fin dall’inizio abbiamo lavorato a un partito aperto a persone che potessero arricchire il Pd. Le esperienze professionali e politiche di successo sono le benvenute. Siamo grati a Orlando e Giambrone perché hanno fatto questa scelta quando in tanti hanno fatto una scelta diversa, visto che i sondaggi ci davano indietro. Credo che abbia funzionato il rapporto tra governo nazionale e governo della città. Oggi c’è anche la condivisione di un progetto politico. Il G7 ha dimostrato quanta bellezza può produrre questa terra. Chi offende la Sicilia offende la terra. Questa è una terra che è abituata ad avere scatti di orgoglio”.
E l’orgoglio dei siciliani e dei palermitani è filo conduttore anche dell’intenso intervento di Leoluca Orlando che ha spiegato le ragioni del suo ritorno nel Pd. “Quando mi chiedono di questa idea, mi viene da pensare all’Arca di Noè: vogliamo trasformare le nostre idee diverse attorno a un progetto politico comune. E l’unico modo per dimostrarlo è quello di fare squadra”. Puntuale la critica agli avversari: “Oggi non ci sono tre proposte politiche, ma due: c’è un Pd così arricchito e i populismi che vivono senza memoria del passato e senza speranza del futuro, o che hanno già dimostrato la propria incapacità di governare: se non riesci a controllare dieci deputati come pensi di governare l’Italia? Berlusconi e Salvini – ha aggiunto – ci vogliono riportare in un passato fascista e razzista. Noi siamo per la difesa della nostra razza, che è quella umana, fatta di colori diversi e che oggi ha bisogno di vedere una speranza”.
Un intervento, quello del sindaco, aperto da un pirotecnico riferimento alle tante personalità differenti presenti in platea, già nelle prime file: c’era appunto Carlo Vizzini e l’ex sottosegretario Nuccio Cusumano, c’era l’imprenditrice Marcella Cannariato ed Emilio Arcuri, c’era Totò Orlando, Dore Misuraca, Letizia Battaglia: “Noi dobbiamo parlare lo stesso linguaggio, non avere le stesse posizioni. È ovvio che non avranno mai le stesse idee Dore Misuraca e Letizia Battaglia”. Non manca poi un riferimento alle vittime della mafia, che apre al racconto di una città che ce l’ha fatta: “Noi portiamo l’esperienza palermitana: la città che è cambiata di più nel mondo. E oggi è eccitante e sicura, sì lo è. Il nostro cambiamento è un cambiamento di testa e dobbiamo esserne orgogliosi. Oggi – ha proseguito Orlando – chi parla bene le lingue a Palermo trova lavoro. Quanti migranti ci sono a Palermo? Nessuno. Chi arriva a Palermo è palermitano. È questa accoglienza il senso del cambiamento di Palermo. Qualche tempo fa B&B o car sharing erano parole di offesa, oggi siamo all’avanguardia rispetto a tutta Italia. Abbiamo creato 22 aree pedonali e la Ztl in campagna elettorale: e i palermitani hanno dimostrato la loro intelligenza”.
Si torna quindi all’adesione al Pd: “Questo è il mio progetto politico. A partire dalle elezioni amministrative insieme al partito nazionale abbiamo deciso di intraprendere un percorso, abbiamo parlato di un percorso, non di una operazione elettorale. Ho detto a Renzi: a Palermo posso perdere o vincere da solo, non serve il simbolo del Pd. Adesso però l’obiettivo è collegare il successo di questa esperienza alla dimensione nazionale”. Il futuro di Orlando? “Io farò il sindaco fino al 2022, chiaro? Siccome sento dire da qualcuno che andrò alle Europee e che presiederò il parlamento… io resto a Palermo. La P del Pd sta per Palermo. Il mio partito è Palermo e sta nel Pd”. C’è il tempo per un saluto e per richiedere un applauso a “Fabrizio Micari che con generosità si è candidato perché ha creduto in un linguaggio e in un percorso. Quando le probabilità di elezione si sono ridotte per il comportamento irresponsabile di certa sinistra che ha preferito Musumeci”. Applaudono tutti, Misuraca e i vecchi comunisti, democristiani e retini. L’Arca di Noè è partita.