PALERMO – La fotografia è di quelle a tinte scure. Che preoccupano e inquietano. La Sicilia non cresce. E quando lo fa, lo fa lentamente. Molto più lentamente rispetto al resto d’Italia. Nel frattempo, però, sull’Isola sono rimaste le macerie prodotte da un lato da una crisi profondissima, dall’altro dall’incapacità dei governi che si sono dati il cambio di trovare soluzioni utili.
E così, ecco che la Corte dei conti affida alle 42 pagine della relazione sul Def il ritratto di questa Regione in difficoltà enorme. “Dopo sette anni consecutivi di recessione, – scrivono le Sezioni riunite presiedute da Maurizio Graffeo – la Sicilia ha perso 15,3 punti percentuali di Pil reale (quasi il doppio della media italiana), nel 2015 il trend sembrava essersi invertito con un promettente +0,9%, in linea con il dato nazionale”. Ma è proprio il confronto col Pil italiano che fa emergere il clamoroso ritardo della Sicilia.
Un confronto che rivela anche risultati sotto certi aspetti imprevisti. Perché è nella prima parte e anche nell’ultima fase del governo Lombardo, quello per cui si parlò di rischio default, che il divario tra Sicilia e resto d’Italia è stato addirittura positivo per l’Isola: +1,1 per cento nel 2009 e +0,4 per cento nel 2012. In quegli anni, insomma, la Sicilia è cresciuta più velocemente della Penisola. Per il resto, è tutto un segno meno. Sia negli altri anni del Lombardismo, sia in quelli di Crocetta, nonostante i risultati sbandierati dall’ex governatore. Rispetto a quello dell’Italia, infatti, il Pil della Sicilia ha fatto segnare un -0,6 per cento nel 2013, addirittura un -2,6 per cento nel 2014, uno 0,1 per cento nel 2015 e un -1 per cento nel 2016. “A dimostrazione della debolezza dell’economia siciliana – ribadisce la Corte dei conti – tuttavia le stime Istat per il 2016 al momento rilevano una nuova battuta d’arresto (- 0,1%), in controtendenza con il dato nazionale (+1%) e meridionale (+1,5%)”.
Qualcosa dovrebbe migliorare nei prossimi anni. Ma si tratterà solo di una crescita illusoria. “Per il 2017 – annota la Corte dei conti – gli istituti di ricerca concordano per una conferma della ripresa anche in Sicilia e il Pil programmatico dovrebbe attestarsi ad un +1,5%, in linea con il dato nazionale. A conferma di questa tendenza possono leggersi i dati sui consumi (+1,3%), sul clima di fiducia dei consumatori e sulle immatricolazioni auto. La crescita – proseguono i magistrati contabili – dovrebbe rafforzarsi nel 2018, + 1,6%, con una performance leggermente superiore a quella del Paese (che confermerebbe il + 1,5%)”. Ma come detto, potrebbe trattarsi di una fiammata illusoria: “Sia per il 2019 che per il 2020, le previsioni programmatiche della Sicilia contenute nel documento in esame scendono ad un +0,6%, con un significativo scarto rispetto al dato nazionale (rispettivamente +1,5% e +1,3%)”.
E intanto, la crisi ha lasciato ferite profondissime sul volto dell’Isola. “Gli effetti della crisi economica – scrive infatti la Corte dei conti – sono notevoli sia sotto il profilo produttivo che occupazionale: tra il 2007 e il 2016 la Sicilia ha perso quasi 29.000 imprese e 130.000 posti di lavoro (pari a circa il 10% degli occupati). I settori maggiormente colpiti dalla crisi sono stati quelli dell’industria e delle costruzioni, il cui valore aggiunto, a tutto il 2016, si è quasi dimezzato rispetto al 2007”. Sicilia poverissima, verso un futuro non ancora roseo.