Vincenzo guidava, come faceva sempre, ogni giorno, in omaggio alla sua coscienza di lavoratore onesto, di uomo perbene, di siciliano che era partito per aprirsi una strada. Era lassù, Vincenzo Licata, cinquantottenne di Grotte, in provincia di Agrigento, residente da anni a Vicenza, con la famiglia. E chissà come avrà percepito l’evento impossibile di un ponte che viene giù, mentre tu gli passi sopra, con la normale sicurezza di chi sta passando sopra un ponte. Avrà avuto il tempo di un ultimo pensiero a sua moglie e a sua madre, ai figli e alle sorelle, a coloro che tanto amava?
L’immane tragedia del ponte Morandi di Genova è come un’inondazione che tutto ha devastato. Solo quando comincia a ritirarsi, fai i conti, puoi comprendere quanto fossero preziose le vite travolte.
Alfonso Provvidenza, il sindaco di Grotte, è un uomo disponibile che parla, nonostante sia rimasto ferito dalla sciagura che ha percosso la sua piccola comunità. La mamma e le sorelle di Vincenzo vivono quaggiù. Il padre non c’è più. Il fratello di Vincenzo, Giuseppe – così narrano – morì in un incidente stradale qualche anno fa. Un particolare che invita a stringersi ancora di più a una famiglia tanto duramente straziata.
“Vincenzo era andato via – dice il sindaco Provvidenza – per motivi di lavoro. Una grande persona perbene che aveva messo su un’azienda di trasporti. Era rimasto legato al suo paese, non aveva dimenticato le origini. Un ragazzo generoso, una famiglia di persone buone”. Come Marta Danisi, infermiera, l’altra siciliana inghiottita dall’abisso con Alberto, il suo fidanzato, il medico che avrebbe sposato: pure Vincenzo Licata, era una di quelle figure garbate che rendono più struggente la mancanza.
Il sindaco ha diramato una nota che, nella necessaria forma burocratica, sottolinea l’irrompere del lutto: “A seguito del tragico evento di Genova tutte le manifestazioni dell’estate grottese previste fino a lunedì 20 sono state rinviate. Purtroppo è stata rubata la vita di un nostro concittadino e, pertanto,è stato ritenuto doveroso sospendere gli eventi programmati”.
Quando in tv sono apparse le prime immagini del disastro, in molti hanno telefonato ai propri cari per una semplice e angosciosa domanda: come stai? Anche i familiari di Vincenzo hanno tentato di mettersi in contatto con lui, senza riuscirsi, in un crescendo di angoscia fino alla notizia che ha portato al riconoscimento della salma.
“Siamo tutti feriti – dice il sindaco – i parenti non se la sentono di parlare ed è giusto rispettare il loro silenzio”. Ci saranno i funerali in pompa magna per le vittime di Genova, per quelle vite rubate. Ci saranno le alte cariche dello Stato a presenziare. Ci saranno comunicati indignati, accuse reciproche, polemiche strumentali e accigliate prese di posizione. Ma nessuno potrà mai spiegare, fino in fondo, ciò che non è spiegabile, il crollo che ha trasformato una strada in una roulette del destino. Come spieghi un telefono che squilla all’infinito, senza ottenere risposta?