PALERMO – La Sicilia è la regione dove opera il maggior numero di addetti ai servizi pubblici per il lavoro: sono 1.737 su 7.934 operatori, pari a poco meno del 22% del personale operativo nei 501 Centri per l’impiego esistenti in Italia. L’attività della rete pubblica, tuttavia, si focalizza sulla gestione dei disoccupati e non ha alcun contatto strutturato con la domanda di lavoro delle aziende locali. Lo dimostra il fatto che, su 137 mila siciliani che ogni anno accedono alla disoccupazione (NASpI), ben 85 mila di questi al quinto mese continuano ancora a percepire il sussidio. Questa platea, dunque, potrebbe beneficiare dell’assegno di ricollocazione e, in prospettiva, dell’annunciato reddito di cittadinanza a partire dal 2019. Si pone, dunque, il problema di rendere efficiente il sistema di supporto dei disoccupati nella ricerca di un nuovo lavoro sia in Sicilia, ma anche nel resto del Paese.
A segnalarlo è la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che oggi a Siracusa, in occasione del V Congresso Regionale dei Consulenti del Lavoro della Sicilia, ha presentato l’indagine dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro “Il lavoro nella Regione Siciliana dopo la fine degli incentivi. L’incremento delle politiche passive”. Dal confronto tra i servizi per l’impiego pubblici nazionali e quelli europei emerge un forte squilibrio nei numeri degli operatori: in Francia gli addetti sono 50 mila, in Germania 110 mila e in Italia non raggiungono gli 8 mila. A questo si deve aggiungere la mancanza di una formazione adeguata per gli operatori che dovrebbero promuovere l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, ma nella maggior parte dei casi si limitano a gestire la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro (DID) o la fase di accoglienza.
Nella ricerca dell’Osservatorio, inoltre, si analizza la platea dei beneficiari dell’assegno di ricollocazione in Sicilia: il 60% sono uomini e il 39,6% donne e meno del 18% giovani fino ai 29 anni. Questi ultimi, infatti, difficilmente hanno alle spalle una storia contributiva tale da dare diritto all’assegno di disoccupazione. La maggior parte proviene dal settore delle costruzioni (16 mila) e dal turismo (15,5 mila), mentre altri 11 mila sono commessi o addetti al commercio e 9 mila addetti dell’industria. Ad incidere, condizioni socio-economiche fortemente preoccupanti: nel 2017 la Sicilia è stata maglia nera in Europa per quota di persone a rischio povertà o esclusione sociale (52,1%) e il nero purtroppo predomina anche nel mercato del lavoro, con un tasso di irregolarità mediamente superiore di 7 punti percentuali rispetto a quello nazionale, che arriva al 35% in agricoltura. Sono 300.000 i siciliani, ovvero 2 su 10, occupati nel sommerso, dei quali 215 mila nei servizi. Nel primo semestre 2018, inoltre, l’effetto combinato della scarsa domanda di lavoro e della riduzione di incentivi ed esoneri contributivi a favore delle imprese per l’occupazione stabile ha determinato un calo delle assunzioni a tempo indeterminato pari al -11,9% in Sicilia e al -10,1% nel Sud, a fronte di un aumento del 9,8% al Nord e del 5,6% al Centro. A livello contrattuale, all’aumento dei contratti di apprendistato al Nord (+15,1%) e al Centro (+7,7%), si è contrapposto l’incremento nel Mezzogiorno della somministrazione (+24,9%) e in Sicilia, in particolare, dei rapporti di lavoro intermittenti (+17,8%).
“In questo scenario, l’implementazione delle misure di politica attiva del lavoro è un obiettivo prioritario se si vuole frenare il divario con il Centro-Nord del Paese e il fenomeno della migrazione giovanile”, ha dichiarato il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Per efficientare il sistema dei servizi per l’impiego – ha continuato – si potrebbe valorizzare il ruolo strategico svolto dai Consulenti del Lavoro nelle imprese e, al tempo stesso, integrare i servizi pubblici con quelli privati. I tirocini promossi dai Delegati della Fondazione Consulenti per il Lavoro, l’Agenzia per il lavoro del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, oltre ad essere qualificanti, hanno ottimi tassi di inserimento occupazionale a tre mesi in Italia e anche in Sicilia (50% dopo sei mesi). A conferma del fatto che le politiche attive, se attuate tenendo conto delle esigenze della domanda di lavoro locale, migliorano le opportunità occupazionali”, ha concluso De Luca.