PALERMO – La scure dei tagli torna ad incombere sul bilancio della Regione. Durante la manovra dello scorso febbraio l’Assemblea regionale siciliana ha congelato 141 milioni di euro nell’attesa di concludere un accordo con lo Stato per scongiurare le diminuzioni di spesa. Ma l’intesa con Roma non è arrivata e torna attuale il pericolo che la Regione sia costretta a privare di risorse numerosi settori economici e categorie di lavoratori.
L’assessore all’Economia Gaetano Armao ha annunciato all’Ars che l’ipotesi di spalmare tutto il disavanzo in trent’anni è sfumata. Per il governo nazionale la Sicilia dovrebbe trovare 380 milioni nel giro di quattro anni. Un’ipotesi che però non è piaciuta al governo Musumeci che invece vorrebbe spalmare almeno in dieci anni il disavanzo. Su questo fronte, ancora non ci sono novità. L’esecutivo regionale avrebbe iniziato il confronto con gli uffici romani e se ci sarà l’accordo questo potrebbe essere suggellato nel cosiddetto “decreto crescita”.
Gli scenari così sono due. Se lo Stato non concederà alla Regione di spalmare il disavanzo in dieci anni, il ripianamento dovrà essere realizzato entro la legislatura e Palazzo d’Orleans dovrà trovare circa 100 milioni all’anno. Se invece da Roma arriverà il via libera a un piano di rientro più lungo, la Regione dovrà trovare 38 milioni all’anno per dieci anni.
Insomma, il governo regionale chiede una boccata di respiro per evitare che la Finanziaria di quest’anno diventi, ancora una volta, lacrime e sangue. “Noi – ha detto Musumeci in aula a Palazzo dei Normanni – non possiamo sostenere una rateizzazione di quell’importo entro questa legislatura. Noi ci accontenteremmo anche di un lasso di tempo inferiore ai trent’anni, pur di evitare il collasso. E anche – ha continuato il governatore – per rimpinguare quei capitoli che toccano le corde sensibili di alcuni settori della nostra società: i Forestali, gli enti della cultura, alcune attività prioritarie nella vita della Regione”.
Sono proprio “le corde sensibili di alcuni settori della nostra società” che pagherebbero il mancato raggiungimento dell’accordo. Sono pronti per essere attivati infatti il taglio da 53 milioni ai Forestali e quello da 48 milioni sul capitolo per il trasporto pubblico locale. Le diminuzioni di spesa a queste due voci d’altronde valgono la maggior parte del tesoretto che la Regione avrebbe messo da parte.
Poi ci sono però tanti tagli di minore entità che però non risparmiano nessuno. Sarebbero così stati previsti 8,7 milioni di tagli dal fondo per gli Ex Pip, ulteriori 8,5 milioni dovrebbero provenire dal capitolo per i Consorzi di bonifica e 790mila euro sarebbero prelevati dalle risorse per la proroga dei contratti di lavoro negli stessi consorzi. Un risparmio di 1,7 milioni di euro dovrebbe provenire da fondo per la campagna di meccanizzazione dell’Esa. Ma l’Ente di sviluppo agricolo non sarebbe l’unico ente a cui potrebbero essere erogate minori risorse: è previsto infatti un taglio di mezzo milione per l’Istituto dell’olio e del vino, uno di oltre 750mila euro per l’istituto zootecnico, uno di 300mila euro circa per l’Istituto per l’incremento ippico e un altro di 281 mila euro per il Consorzio della ricerca sulla filiera casearia.
A piangere sarebbe poi anche il settore della cultura e dello spettacolo. È previsto così un taglio di 1,6 milioni di euro nella sezione per i teatri pubblici del Furs, il fondo unico regionale per lo spettacolo. Le risorse per il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania dovrebbero diminuire per 1,4 milioni mentre allo Stabile di Catania verranno meno 50mila euro. Il taglio per l’Ente autonomo regionale “Teatro di Messina” vale 700mila euro mentre quello per Taormina Arte è pari a 243mila euro. Alla Fondazione orchestra sinfonica siciliana, invece,verrebbero meno 300mila euro. Infine al Teatro Massimo di Palermo dovrebbero essere erogati 265mila euro in meno.
Infine ci sono i tagli previsti nel settore socio assistenziale e in quello della formazione: ai talassemici (2,1 milioni), al ricovero dei minori disposto dall’autorità giudiziaria ( un milione) all’Unione italiana ciechi (300mila euro), alla Stamperia Braille (300mile euro) all’Istituto Helen Keller (200mila euro), agli enti gestori delle scuole di servizio sociale (500mila euro). Nel settore della formazione mancheranno risorse ai percorsi di istruzione per l’obbligo scolastico (un milione), alle scuole paritarie (600mila euro), ai consorzi universitari (570mila euro) e agli Ersu, enti regionali per il diritto allo studio (2,4 milioni).
Sembra così che si stia sgretolando il bilancio “fondato sulla fiducia” approvato dal’Ars appena due mesi fa. Ancora però non è detta l’ultima parola. Il confronto continua. Ma senza l’accordo fra Roma e Palermo, per i siciliani arriveranno tempi ancora più duri.
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