PALERMO – Nanni Moretti racconta il colpo di stato cileno del ’73 attraverso il nuovo docu-film “Santiago, Italia”, uscito nelle sale lo scorso dicembre, nel quale da voce ai protagonisti di quei mesi carichi di tensione, che seguirono al bombardamento del Palacio de La Moneda ed al presunto assassinio dell’allora Presidente Salvador Allende, salito al governo democraticamente e a furor di popolo, da parte delle forze militari.
Il regista romano ha portato la sua quattordicesima fatica cinematografica al Rouge et Noir di Palermo nella serata di mercoledì 24 aprile. Durante l’introduzione, Moretti, che ha alle spalle ben quarantacinque anni di carriera, ha sottolineato quanto sia ancora innamorato del suo lavoro, e di quanto sia fiero di poter incontrare il pubblico e parlare con esso in eventi del genere: “mi raccomando, occupiamo questo tempo per costruire una discussione che rimanga tra noi – afferma ironicamente – non vorrei ritrovare il video di stasera su internet”.
“Sono contento di poterne parlare a poche ore di distanza dalla Festa della Liberazione – dice – voglio raccontare di un’Italia altruista, che non rinunciava ad accogliere, diversa da quella che è diventata oggi”. Attraverso la cinepresa, il regista da spazio alle commosse storie degli esuli, che dopo persecuzioni e atroci torture, di cui parlano in maniera dettagliata alcuni intervistati, hanno trovato la salvezza prima nell’edificio dell’ambasciata italiana a Santiago e successivamente nel nostro paese, in cui sono riusciti sin da subito ad integrarsi e a costruirsi una nuova vita.
Quella che ha portato in sala è una pellicola dai marcati toni sociali, non distante, nell’approccio, dalle sue precedenti produzioni. Moretti è un cineasta impegnato e non si vergogna di esserlo, soprattutto in un contesto politico come quello attuale: come ribadisce nel film stesso, durante il colloquio con uno degli ex militari negazionisti, restio dal prendere parte ad interviste, in cui lo spiazza con pochissime battute: “io non sono imparziale”.