Pochi giorni sono bastati. Per vedere ridimensionare i piani dei vertici del centrodestra siciliano. Le magnifiche sorti e progressive lasciate intravedere nelle scorse settimane, sulla scia dei buoni risultati delle Europee, con il prefigurarsi di alchimie politiche in grado anche di irrobustire la coalizione a Palazzo dei Normanni, si sono rivelate fin qui poco più che buoni propositi. Scontrandosi con una realtà in cui le cose sono andate forse diversamente rispetto ai desiderata di Nello Musumeci e Gianfranco Micciché.
Un mese fa, nell’affollata kermesse di piazza a Palermo con cui Diventerà Bellissima aveva voluto rilanciarsi, dopo aver saltato un turno alle Europee seguite dalla finestra, gli ambiziosi piani dei musumeciani si erano rivelati. La visione era quella di farsi mastice di un affollato mondo sicilianista e meridionalista, con un asse di ferro con la Lega che avrebbe dovuto controbilanciare il nordismo del Carroccio. Questo almeno quello che si era capito. Per farlo, due le strade: la più impervia, costruire un nuovo soggetto di centrodestra, con un partner già individuato nel governatore ligure Giovanni Toti, o stringere un patto politico con Salvini. Entrambi gli scenari, un mese dopo, appaiono molto lontani. Toti sembra essere rientrato nei ranghi di Forza Italia, seppur sempre con qualche segno di insofferenza. La Lega ha preso marcatamente le distanze da Musumeci, dal suo governo e soprattutto dall’operazione di Palazzo, orchestrata da big di Diventerà bellissima, che ha portato alla nascita di un gruppo di deputati che hanno cambiato casacca, quell’Ora Sicilia che Stefano Candiani, plenipotenziario di Salvini nell’Isola, ha definito in modo poco carino gli “scappati di casa”.
Insomma, l’operazione Ora Sicilia, che ha portato in dote alla coalizione solo un deputato in più, Lusia Lantieri arrivata dal Pd (gli altri nel centrodestra c’erano già), fin qui non ha portato chissà quali risultati benefici. Ha innervosito la Lega, a cui è stato sfilato l’unico deputato Tony Rizzotto, ha segnato un altro passaggio spinoso con Forza Italia abbandonata da Luigi Genovese, non è piaciuta affatto a Saverio Romano e anche a pezzi di Udc, ha sdoganato la politica dell’ingaggio dei cambiacasacca che aveva fatto il bello e il cattivo tempo ai tempi di Rosario Crocetta, quando Nello Musumeci da presidente della commissione Antimafia voleva addirittura multare chi passava da un gruppo all’altro. E tutto questo dopo che già con l’altro alleato, Fratelli d’Italia, c’era stato qualche malumore dopo il mancato accordo per le Europee. Con la conseguente uscita dal movimento musumeciano di Stancanelli, passato al partito della Meloni come ha poi fatto anche Salvo Pogliese.
Anche l’operazione di aggancio di Sicilia Futura, cara a Gianfranco Micicché, non è andata perfettamente liscia. Perché a mo’ di scissione di atomo, il movimento che fu para-renziano si è spaccato e solo una parte, quella del tandem Totò Cardinale-Beppe Picciolo marcia verso Forza Italia, mentre i due deputati regionali Nicola D’Agostino ed Edy Tamajo prendono le distanze da questo percorso e, malgrado per un pezzo in Aula abbiano votato con il centrodestra, ribadiscono di restare nel centrosinistra. E quindi all’Ars di benefici numerici per la coalizione non ne arriveranno da questa operazione.
Tra il dire e il fare ci sono gli sfuggenti umori della politica in questa delicata stagione politica di transito. Con un futuro ancora abbastanza fumoso che non permette di pianificare operazioni di lungo respiro E così di tattica si vive. E si rischia anche di morire.