PALERMO – “Il baluardo della militanza politica”, così lo definiscono i pubblici ministeri, sarebbe servito ad Antonello Nicosia per incontrare i mafiosi in carcere e veicolarne i messaggi all’esterno. Il suo progetto, però, era molto più ambizioso: alleggerire il regime del carcere duro che tanto spaventa i mafiosi. Si è attivato, ma l’arresto di oggi segna la fine dei suoi piani.
Un dato è certo: quando c’è di mezzo un tesserino da deputato le porte del carcere si aprono con più facilità. Nel caso di Nicosia il tesserino era quello dell’onorevole Giuseppa Occhionero, avvocato molisano, eletta nelle file di Liberi e Uguali e transitata nel nuovo partito di Matteo Renzi, Italia Viva.
Nicosia negli anni è diventato una voce autorevole del movimento che difende i diritti dei detenuti. Grazie al suo ruolo di responsabile di osservatori e associazioni nazionali Nicosia è riuscito a farsi inserire nelle delegazioni che hanno accesso in carcere per verificare le condizioni dei detenuti. Si tratta di visite che devono sempre passare dall’autorizzazione del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Ad un certo punto Nicosia intuì che bisognava ottenere un incarico parlamentare per evitare i rigidi controlli, specie per una persona che – è il caso di Nicosia – sia stata condannata in passato a dieci anni e mezzo di carcere, interamente scontati.
E così prima entrò in contatto con l’onorevole Occhionero e poi si fece nominare assistente parlamentare. Della sua collaborazione si vantava in tante conversazioni intercettate dai finanzieri del Gico e dai carabinieri del Ros. Ad esempio in quella con Pippo Bono, figlio di Giuseppe, assassinato dalla mafia nel 1998: “Le ho fatto l’interrogazione parlamentare mi ha detto: ‘Senti ma ti faccio un contratto’. Contratto, gliel’ho detto: ‘Che contratto mi fai?’. No vabbé gli detto come assistente parlamentare ma anche senza soldi…. un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta… mi giro le carceri invece, visto che non potevo entrare… così con lei entro… faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo escamotage”.
Il 7 marzo 2019 Occhionero ha davvero presentato un’interrogazione parlamentare nella quale ha esposto la criticità strutturale del carcere di Tolmezzo. E in particolare, della sezione della “casa lavoro” e quella riservata ai detenuti al carcere duro. Tra questi c’era e c’è Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro, con cui Nicosia ha avuto l’opportunità di parlare. Un incontro che è stato monitorato dai carabinieri del Ros che battono ogni pista che possa portare alla cattura di Matteo Messina Denaro.
Nicosia confidava all’amica Giuseppa Gallo: “… quando tu vai col Dap il carcere ti aspetta, perché il Dap cosa fa? Ti autorizza e manda la lettera al carcere e dice sta venendo Giuseppina Gallo, Antonino Nicosia… si preparano capito? Si fa trovare il direttore con la cravatta, queste sono visite ispettive”.
Al seguito di un parlamentare tutto cambia: “Driin chi è? Chi siete? Sono l’onorevole Occhionero devo fare un’ispezione, tesserino della camera si entra e … (ride), il direttore c’è? No il direttore non c’è, ah bene. Nella relazione che poi faccio… dico che il direttore non era presente, il comandante? Un attimo che lo chiamiamo, ah sa non c’è il comandante, c’è il vice comandante, non era presente neanche il commissario, il direttore dell’area trattamentale? Non è ancora arrivato, oh oh sono le otto e mezza come mai? Quando prende servizio? Capito gliela metti dietro… questa scena è bella”.
Quando un parlamentare si presenta all’ingresso di un carcere: “Dice: è un mio collaboratore direttore lei capisce che non possiamo lasciarlo fuori, ed è autorizzato da me, c’è una legge specifica in Italia. Chiaramente questa ha il numero del ministro e telefona e gli dice guarda coglione c’è uno qua a Trapani che non mi vuole fare entrare che faccio? Questa è deputata di Grasso. Se si va a leggere tutti i commenti del presidente del Senato gli sputa, è molto più… non è che mi piace tanto questa cosa però è l’unico modo per entrare, è l’unico”.
Dell’escamotage Nicosia aveva messo al corrente Accursio Dimino, pure lui arrestato nella notte: “…allora, se io ci vado senza deputato a fare la visita, ci vado come Radicale, devo chiedere l’autorizzazione al Dap… il Dap poi comunica al direttore e gli dice… giorno tot viene Nicosia a farti la visita… e che minchia di visita è?… con un deputato ci vado all’improvviso, capito? entro di notte pure… ad Agrigento ci sono andato di notte… con il deputato ci devo andare, per forza”.
Un deputato ha accesso al carcere, sempre e comunque. E Nicosia ne avrebbe approfittato. E lui stesso a raccontare di avere “acchiappato così un commissario, gli ho detto… ascolti, ma lei veramente pensa che io oggi è domenica, sono venuto qua a perdere tempo?… deve aprire la, la sezione… no… dice… okay, okay, a posto, ho capito … ha capito ma che cosa ha capito?… che lei vuole vedere tutto … e perfetto, io voglio vedere tutto…”. E così Nicosia è arrivato fin dentro le celle.
Ad un certo punto pensò di cambiare sponsor politico. La sua collaborazione con una deputata di Liberi e uguali lo avrebbe messo doppiamente in difficoltà. I suoi amici boss non gradivano la sua vicinanza al partito di un ex magistrato come Pietro Grasso. E poi c’era il rischio che Grasso scoprisse la sua precedente condanna per droga: “… mi spavento, mi spavento… quello s’informa”. Ecco perché Nicosia pensava di avvicinarsi ad un altro partito: “… lo vorrei fare con questi di Forza Italia, sarebbe meglio”. Dimino concordava: “Sarebbe meglio che sono più garantisti… liberisti e cose…”.