Il detenuto della cella numero due disegna che è una meraviglia. Ritratti, quadri dolcissimi della nipotina, soprattutto. Riempie fogli e fogli per ingannare il tempo. Perché sul suo documento matricolare, nel destino di Marano Antonino ospite dell’Ucciardone di Palermo, c’è scritto “Fine pena mai”. Non è un tipo qualunque il signor Marano. In galera da 42 anni. Sul cuore ha il peso di fatti di sangue.
Il detenuto della cella numero due, che altrove ha perfino organizzato mostre e ricevuto consensi, avrebbe solo un desiderio: regalare le sue opere d’arte ai parenti che lo seguono comunque con affetto, alla nipotina che ama. Non è consentito. Non può mandare fuori dalla cella i suoi disegni. La motivazione? C’è il rischio che così comunichi – magari trame oscure – con l’esterno. E’ il regolamento.
Lui, il disperato Marano, ha scritto al senatore Salvo Fleres, garante dei diritti dei detenuti siciliani, impegnato in una complicata battaglia per garantire condizioni carcerarie meno disumane. Dunque, Marano ha messo nero su bianco il suo sfogo: “Dopo una marea di anni di carcere, nessuno mi tende una mano. Chiuso in una cella due per tre metri, per quarantadue anni. C’è una frase bellissima che dice: non è importante leggere un libro, l’importante è leggere l’uomo. Nessuno è stato capace di leggermi. Distinti saluti”. Il senatore Fleres, a sua volta, ha scritto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: “Nel corso di una mia recente visita all’Ucciardone ho avuto modo di incontrare il detenuto indicato. Si tratta di un soggetto che ha già scontato più di quarant’anni di pena e occupa il proprio tempo dipingendo o realizzando piccoli oggetti con la carta. Si tratta di disegni particolarmente belli tant’è che ha anche realizzato alcune mostre e così avrei piacere di potere arredare la sede miei uffici con i predetti disegni. Chiedo pertanto se in capo al signor Marano vi siano provvedimenti che vietano allo stesso la possibilità di consegnarmi i suoi lavori e, qualora così dovesse essere, gradirei conoscerne la natura”. Avrà un no come risposta, se non intervengono svolte miracolose. Il direttore del’Ucciardone, Maurizio Veneziano, allarga le braccia: “Esiste una norma ministeriale che vieta che quei disegni finiscano all’esterno. Si pensa che potrebbero essere una forma di comunicazione. Non possiamo farci niente”. Lino Buscemi, che dell’ufficio del garante è il dirigente, commenta: “E’ assurdo. Così si toglie umanità alla condizione di detenuto”. Ma la regola parla chiaro. Quei dipinti devono stare dentro, non possono uscire. Anche se di mezzo c’è soltanto una nipotina.
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