PALERMO – “Quando penso alla riapertura ho il terrore delle procedure da seguire”, dice Ezio Giacalone. Se gli si chiede di immaginare il suo locale nel post emergenza Coronavirus confessa, senza troppi giri di parole, di non dormirci la notte.
Il Qvivi è stato uno dei primi locali ad aprire nel centro storico. Se Piazza Rivoluzione non è più il luogo degradato di un tempo è anche merito suo e dei commercianti come lui che ci hanno creduto, troppo spesso chiamati a rispondere per problemi di cui non sono responsabili. Il caos delle notti palermitane non è certo colpa loro.
Ora che si inizia a parlare di Fase 2 con sempre maggiore concretezza Ezio Giacalone, e non solo lui (leggi l’intervista al ristoratore), si interroga sul futuro: “Seguire i protocolli sarà complicatissimo. Secondo me, almeno nella prima fase, dobbiamo dimenticare com’erano i nostri locali e ripartire da zero”.
E qui ritorna il terrore di cui sopra: “Mettere lastre di plexiglass per dividere i tavolini e distanziarli è impossibile. Ci vogliono spazi che di cui molti di noi non dispongono. Ma poi in tutta onestà meglio bere una birra a casa piuttosto che stare seduto di fronte a qualcuno separati da una barriera di plastica ”.
La verità è che convivialità e socialità nella stagione emergenziale del Coronavirus hanno acquisito l’accezione negativa di assembramento.
“Due amici non possono stare seduti assieme – aggiunge Ezio – e se incontrano qualcuno? Lo salutano a distanza? La vedo dura. Fino a quando ci sarà l’emergenza il servizio ai tavoli sarà ingestibile. Meglio il take away”.
Nello stesso istante in cui lo dice, Ezio Giacalone ci ripensa: “Ok, si spostano in piazza e la distanza di sicurezza fra di loro chi la garantisce? Di sicuro non posso farlo io. La verità è che frasi del tipo ‘ci vediamo lì’ per il mio compleanno’ oggi è impensabile. Solo il vaccino ci può salvare”. Il titolare del QVivi si concede il lusso, visto il periodo che attraversiamo, di una riflessione romantica legata alla suo mestiere.
E nell’attesa della scoperta medico-scientifica? “Nell’attesa è un disastro. Quanto ci vorrà per il vaccino? Un anno, ok come fa un imprenditore ad aspettare un anno?” Appunto, come fa? “Nessuno di noi è più un imprenditore. Imprenditore è colui che si assume i rischi per le proprie scelte, qui i rischi non siamo stati noi a crearli. Lo Stato deve autorizzare le aperture ma deve essere in grado di aiutarci. E qui mi pare che di aiuti non se ne vedono. I costi fissi – luce, personale, affitti, Iva – tutto è uguale a prima e appena riaprirò avrò accumulato migliaia di euro di debiti. Se ci sarà un decimo dei clienti di un tempo allora tutte le spese dovrebbero essere ridotte a un decimo di quanto si pagava prima. Altrimenti non ripartiamo. E se non riparte la piccola impresa, vero motore dell’Italia – conclude Ezio Giacalone – il Paese si ferma. Sono le tasse e gli stipendi che paghiamo, la filiera che alimentiamo a tenere in piedi buona parte dell’Italia. Siamo i più tassati e ora abbiamo gravi problemi economici. I nostri debiti ce li pagheremo da soli senza alcuno sconto, ma nessuno si salva da solo”.